Il “contratto di governo” preclude qualunque ipotesi di confronto all'interno dell'esecutivo. In pratica, in parlamento i 5 Stelle dovranno approvare i punti del contratto voluti dalla Lega e, parimenti, la Lega dovrà approvare i punti voluti dai 5 Stelle. Così facendo, Salvini e Di Maio hanno completamente svilito sia il ruolo delle Camere che le funzioni del Consiglio dei ministri ai quali è stato sottratto qualunque potere di interlocuzione. Abbacinato dall'euforia di essere approdato al governo, Luigi Di Maio non ha capito che quel contratto era, in realtà, un tranello teso da un alleato scaltro e inaffidabile che, come dimostrano i sondaggi, si prende tutti i meriti lasciando i demeriti ai 5 Stelle.
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Spaventato dalle oscillazioni dello spread e dalla difficoltà nel collocare sui mercati i nostri titoli di Stato, il governo si accinge a correggere una manovra che, solo fino a qualche settimana fa, riteneva intoccabile. Si tratta di una svolta da cui discendono conseguenze perfino paradossali dato che, a fronte di un recupero dei rapporti con i partner europei, c'è il rischio che possa incrinarsi l'asse tra Lega e 5 Stelle. Non é un mistero, infatti, che la voce di bilancio più esposta alla correzione della manovra abbia per oggetto il reddito di cittadinanza che rappresenta la linea del Piave del movimento 5 Stelle. Prima ancora di andare al governo, sia Salvini che Di Maio sostenevano la necessità di riformare la legge Fornero: la “quota 100”, pertanto, é una vittoria che va ascritta ad entrambi. Di contro, decreto-sicurezza e reddito di cittadinanza costituiscono i due grandi vessilli identitari che differenziano Lega e 5 Stelle. Su questi temi, Salvini e Di Maio stanno sperimentando tutte le incongruenze di quel “contratto di governo” che preclude qualunque ipotesi di confronto all'interno dell'esecutivo. In pratica, in parlamento i 5 Stelle dovranno approvare “pedissequamente” i punti del contratto voluti dalla Lega e, del pari, la Lega dovrà approvare i punti voluti dai 5 Stelle. Così facendo, Salvini e Di Maio hanno completamente svilito sia il ruolo delle Camere che le funzioni del Consiglio dei ministri ai quali è stato sottratto qualunque potere di interlocuzione. Abbacinato dall'euforia di essere approdato al governo, il movimento 5 Stelle non ha avuto la prontezza di accorgersi che quel contratto era, in realtà, un tranello teso da un alleato scaltro e inaffidabile. Per varie ragioni. Innanzitutto, perchè sarebbe stato inevitabile ricorrere alla fiducia per fare ingoiare alla componente più “sinistrorsa” del movimento le misure securitarie volute dalla Lega. Così é stato. Ma c'é altro. Di Maio non ha avuto l'abilità di capire che Salvini non avrebbe mai avuto il coraggio di rompere completamente con Silvio Berlusconi. Lo dimostra il fatto che, nell'agenda del governo, il conflitto di interessi é stato comodamente postergato così come é accaduto alla riforma della prescrizione che Salvini ha voluto astutamente subordinare ad una “grande riforma” del processo penale che non ci sarà mai. Il “governo del cambiamento”, pertanto, é stato concepito da Matteo Salvini con l'intento di preservare tutti quegli equilibri attorno ai quali Lega e Forza Italia hanno costruito al Nord un fortilizio elettorale che, anche grazie all'insipienza del Pd, continua ad espandersi in territori del tutto inimmaginabili fino a qualche anno fa. Diciamola tutta, Luigi Di Maio non ha mai dimostrato di possedere la caratura che sarebbe stato lecito attendersi dal leader di un movimento che ambiva ad imprimere una svolta nel costume politico del paese. In questo senso, é giusto ammettere che, a causa della inesperienza del suo giovane leader, il movimento 5 Stelle é destinato a pagare dazio. Solo grazie a Di Maio, infatti, Matteo Salvini ha potuto insediarsi alla guida di un ministero la cui importanza strategica risultava fondamentale per la Lega; solo grazie a Di Maio la Lega ha potuto varare un provvedimento sulla sicurezza che, in un governo con Forza Italia, non sarebbe stato possibile neppure immaginare; solo grazie a Di Maio la Lega potrà incassare alle prossime elezioni europee un cospicuo dividendo elettorale: al nord, grazie al decreto-sicurezza, e al sud, grazie al prevedibile malcontento per i tagli al reddito di cittadinanza che Salvini fingerà di non gradire. Si capisce che, tra le altre cose, Di Maio non conosce il Nord: altrimenti avrebbe capito che, da queste parti, si respira l'attesa per un governo senza i 5 Stelle guidato da Matteo Salvini. Faccia uno sforzo e si chieda perché.
P.S. Editoriale apparso su La Provincia lun 3.12.2018