La differenza tra destra e sinistra è soltanto teorica perchè, nell'esercizio quotidiano del potere, entrambi denunciano i medesimi vizi: arroganza dei vertici, carrierismo, clientelismo, distacco dai problemi reali del cittadino.
Le dichiarazioni di Fini a Mirabello hanno certificato il decesso del Pdl. Neppure due anni dopo il suo battesimo, sono deflagrate le incompatibilità tra l’anima sociale di An e quella populista di Forza Italia. Occorre ammettere che c’è sempre stata una diversità di tipo “antropologico” tra il supporter di Forza Italia e il militante di An al quale risultano grottesche le ovazioni dionisiache di certe “convention” nelle quali la glorificazione del leader viene anteposta a qualunque forma di dibattito. Berlusconi ha sempre rappresentato fieramente l’antipolitica che collide con la cultura partecipativa dei militanti di An. Una contraddizione difficile da sciogliere, un nodo gordiano impossibile da dipanare, come i fatti hanno poi dimostrato. Occorre, pertanto, prendere atto che la semplificazione della politica italiana è ormai fallita a causa di questi rigurgiti identitari che stanno silenziosamente riaffiorando anche nel centro-sinistra. Evidentemente la modernizzazione del paese non poteva scaturire da semplici interventi di ingegneria elettorale. Il malessere del nostro paese è talmente profondo che non potevano bastare alcuni parziali aggiustamenti nel metodo di composizione delle assemblee legislative. Siamo passati dal proporzionale puro al maggioritario misto per poi tornare al proporzionale corretto senza che il paese abbia minimamente tratto alcun beneficio sotto il profilo della stabilità, della coesione sociale e dell’etica pubblica. Dopo quasi vent’anni dalla fine della cosiddetta Prima Repubblica, abbiamo la certezza di essere diventati più poveri. Corollario di questo nuovo stato è la rabbia sociale che, in questi ultimi anni, ha acquistato connotati del tutto inediti, non più di natura classista ma territoriale. La paura della globalizzazione ha ridato fiato agli antichi localismi riesumando un’antica contrapposizione che pensavamo ormai superata, quella tra Nord e Sud. La forte sensazione è che la nostra classe politica non abbia l’esatta percezione della delicatezza di questo conflitto, nemmeno più tanto latente. Il fallimento di Berlusconi e dell’Ulivo hanno come denominatore comune la mancata modernizzazione del paese e l’incapacità di incidere sulla vischiosità di un sistema che si è rivelato refrattario ad ogni intervento riformatore. L’intero corpo sociale, in tutte le sue infinite articolazioni, è connotato da un coriaceo conservatorismo dettato dall’istinto di preservare rendite di posizione, coperture corporative, privilegi piccoli e grandi che risulta difficile piegare. Destra e sinistra simulano una diversità soltanto teorica perché, nell’esercizio quotidiano del potere, sono afflitti dai medesimi vizi: l’arroganza dei vertici, il servilismo dei quadri intermedi, il clientelismo, il carrierismo di un notabilato famelico di potere, il distacco del ceto politico dai problemi reali del cittadino ma, soprattutto, la mancanza di una cultura autenticamente liberale e riformista. Per rilanciare la propria capacità distintiva, entrambe sono ora chiamate a confrontarsi sull’unico tema destinato a misurarne la credibilità: il federalismo. Alla politica italiana urge questo chiarimento: occorre capire subito chi intende conservare la struttura decrepita di questo Stato sprecone e inefficiente, chi vuole promuovere la costruzione di uno Stato che poggi su un federalismo solidale e chi, di contro, usa pretestuosamente il tema federalista solo per coltivare dissennate velleità separatiste. La nascita del terzo polo rappresenta una grave insidia per il Cavaliere perché il bipolarismo gli ha regalato il vantaggio di poter regolare a suo piacimento la temperatura dello scontro con l’unico avversario in campo. Con la nascita di una terza forza nell’area moderata, Berlusconi si vedrà costretto a scendere sul terreno, a lui poco gradito, della mediazione e del negoziato. Sta per aprirsi una nuova stagione per la politica italiana. Da Fini ci si attende ora che spieghi come intende preservare l’unità nazionale, idea tanto nobile quanto vacua se non vengono chiarite le modalità.