Il canale del whistleblowing garantisce l’anonimato del segnalante sul piano disciplinare, ferma restando la necessità di rivelare le sue generalità laddove la segnalazione assurga a vera e propria dichiarazione accusatoria in ambito penale e l’individuazione del whistleblower «sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato». (Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 9041/18; depositata il 27 febbraio). SEGUE: chi è il “whistleblower"
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Cassazione: Il whistleblower è coperto dall'anonimato solo sul piano disciplinare
Il canale del whistleblowing garantisce l’anonimato del segnalante sul piano disciplinare, ferma restando la necessità di rivelare le sue generalità laddove la segnalazione assurga a vera e propria dichiarazione accusatoria in ambito penale e l’individuazione del whistleblower «sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato». (Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 9041/18; depositata il 27 febbraio)
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Per “whistleblower” (letteralmente, "soffiatore nel fischietto") si intende il lavoratore che, durante lo svolgimento della sua attività lavorativa, segnala alle autorità anticorruzione o alla magistratura illeciti da cui potrebbero scaturire ritorsioni da parte dei suoi superiori. Il “whistleblowing” è, pertanto, uno strumento che mira a garantire una idonea tutela legale a favore di chi denuncia fenomeni di corruzione o qualsiasi forma di irregolarità preservandolo dal licenziamento, dal demansionamento o dal trasferimento. Si tratta di un istituto diffuso nel mondo anglosassone che in Italia si sta cercando di importare attraverso il varo di una legge in grado di garantire l'assoluto anonimato del whistleblower fino alla chiususra delle indagini preliminari. Questa tutela vale per le tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti di diritto privato sotto controllo pubblico ma si applica anche a chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla pubblica amministrazine e al settore privato.