Su gentile concessione del direttore, Giorgio Gandola, pubblichiamo l'editoriale apparso oggi su La Provincia. Domani, venerdì 9 luglio, la stampa italiana resterà ferma per protestare contro la cosiddetta legge-bavaglio.
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Cari Lettori, domani anche il nostro giornale non sarà in edicola. Ci imbavagliamo contro la legge bavaglio. Per difendere la libertà di stampa, non stampiamo. Un paradosso ritenuto necessario da Federazione Editori e Federazione Nazionale della Stampa per combattere uno dei più grandi pasticci giuridici in atto: la legge sulle intercettazioni, che in Parlamento si cerca di far passare con malizia (i professionisti del consenso usano ogni arma a loro disposizione) come legge sulla privacy. In realtà una legge sulla privacy dei cittadini esiste già e funziona alla perfezione. Con regole precise, sanzioni ferree per chi sgarra, un Garante che interviene su segnalazione delle vittime. E soprattutto una percezione allargata che tutto sia privacy da indurre la pubblica amministrazione a nascondere notizie sensibili (le dichiarazione dei redditi,i nomi degli evasori fiscali, talvolta persino i promossi a scuola), scambiando l’applicazione della legge con l’atavica pigrizia, un riserbo ingiustificato o un vergognoso interesse privato.
Cari lettori, adesso si vuole andare oltre. Si vuole tutelare non la privacy della zia Maria (immaginate l’interesse pubblico), ma la privacy degli indagati. Soprattutto degli indagati vip, i politici e i loro portaborse pizzicati a organizzare porcherie al telefono. Per costoro non è importante la sanzione; mai visto un politico povero. Ma è terribilmente insostenibile la pubblica vergogna davanti alla quale – qualche volta – non possono neppure fare a meno di dimettersi. Come Mastella, Scajola, Brancher, Marrazzo; l’elenco è meravigliosamente bipartisan. Se passa questa legge, i politici indagati potranno rimanere lontano dai riflettori il più a lungo possibile. E il povero italiano nel nome del quale si dovrebbe fare Giustizia (“in nome del popolo italiano”), nulla dovrà sapere delle inchieste fino al processo.
Solo i regimi autoritari si reggono sulla negazione dei fatti e sulla paura dei fatti. E se la nostra democrazie è solida e garantita, lo è anche perché la stampa è libera di cercare notizie. E di pubblicarle sui giornali o diffonderle via tv, radio, internet. Le pesanti sanzioni minacciate per gli editori minano questa libertà. E minano anche la libertà d’Impresa: perché un editore dovrebbe esser massacrato se il suo giornale pubblica una notizia vera, così vera da arrivare dalla viva voce del protagonista (vale a dire un’intercettazione)? Diceva Montanelli: in democrazia le notizie sono solo di due tipi, vere o false. Per quelle vere c’è l’inchiostro, per quelle false il giudice.
Due piccoli approfondimenti vale la pena farli. Il primo riguarda i magistrati. Se un’intercettazione è penalmente irrilevante e lede l’onorabilità di persone estranee ai reati è giusto che non venga pubblicata. Ma è ancora più giusto che non venga sbobinata, scritta, protocollata e poi passata sottomano ai cronisti. Signori magistrati, quello di salvaguardare gli innocenti è un vostro preciso dovere. Esistono macchinette (i film americani ne sono pieni) che costano pochissimo e che trasformano le intercettazioni in stelle filanti. Fatevele comprare e usatele. Schifezze a coriandoli, per il bene di tutti.
Il secondo problema riguarda noi giornalisti. Ammettiamolo, in passato abbiamo avuto qualche disinvoltura di troppo; abbiamo pubblicato conversazioni irrilevanti (in percentuale una su dieci) che attenevano più allo sputtanamento personale che al diritto di cronaca. Ma questi non è un buon motivo per imbavagliare l’informazione. Durante la crisi economica molti banchieri non si sono eticamente da gentiluomini, ma a nessuno è venuto in mente di chiudere le banche. Tutti i giorni la Casta politica si segnala per inettitudini e nefandezze, ma nessuno pensa di sciogliere i partiti. La legge bavaglio è complicata, contorta e ambigua. E’ una pessima legge che non vuole difendere i cittadini, ma i privilegi di chi pretende di considerarli sudditi. Se passa, da domani noi giornalisti – oltre che col registratore e il fotografo – dovremo andare in giro con l’avvocato. Una seccatura in più. Ma per continuare ad avere dei lettori e nel rispetto della passione di una vita, lo faremo.