Le ingenti elargizioni del Recovery fund rappresentano il tardivo ripensamento di una strategia che aveva determinato lo smantellamento dello Stato sociale. Non si tratta, pertanto, dei munifici aiuti di un nuovo “piano Marshall”, ma di veri e propri indennizzi assimilabili alle riparazioni di guerra: solo oggi, a causa della pandemia, ci rendiamo conto dei guasti provocati da quella politica folle che stiamo pagando a caro prezzo e che continueremo a pagare per decenni. L'Unione europea, quindi, dovrebbe fare ammenda degli errori compiuti in questi anni che rappresentano il vero propellente di quel vento populista che continua a soffiare forte nei cieli delle democrazie liberali.
Il termine “tollée” viene da “tolla”, la latta. ”L’impurtant l’è menà i toll”, è una diffusa metafora dialettale per dire che quando si è in pericolo la cosa più importante è scappare. Così come “faccia de tolla”, indirizzato a un tipo sfrontato che non ha alcuna vergona. Infatti la “tolla” non arrossisce mai. Cesare Comoletti, nel suo “Dizionario dei mestée de Milan” ricorda che in assenza di un santo che in vita era stato lattoniere e quindi da elevarlo a protettore, i “tollée” avevano “preso in prestito” il patrono degli orefici, con il benestare della congregazione di questi artigiani che erano considerati più nobili”, grazie al prezioso metallo che sapevano lavorare.
Un tempo si diceva che siamo un popolo di poeti, santi e navigatori. Oggi il panorama sembra essere mutato: resiste qualche poeta, non ci sono tracce di santi, ci è rimasto solo lo sguaiato fracasso dei navigatori che nel mare magno della politica si credono inaffondabili. I navigatori amano follemente il potere. Pur di galleggiare, sono soliti dire tutto ed il contrario di tutto. Ieri rottamatori, oggi navigatori: tanto, si sa, i nemici di ieri possono essere gli amici di domani. Questo prologo rappresenta una chiave di lettura che può consentire di decifrare gli scenari politici che si stanno delineando nel paese.
Il debutto di Paolo Rossi nel Mundial del 1978 è da leggenda. Lì, nel gelo dell’inverno argentino, nasce il mito di Pablito (è un giornalista del “Gazzettino”, Giorgio Lago, a dargli il fortunato soprannome), un calciatore in possesso di know how calcistico e soft skills pedatorie capaci di esprimere il giusto mix tre e concretezza creatività. A Mar del Plata nasce la fraterna amicizia con Antonio Cabrini e quella paterna con Enzo Bearzot, quasi un secondo padre, che lo convoca a sorpresa per il Mondiale spagnolo, dopo la squalifica e la tribolata ripresa dell’attività agonistica il 3 maggio 1982.
Il 9 dicembre 2020 è mancato Paolo Rossi,. Aveva 64 anni. Con la storica tripletta nel Mondiale di Spagna 1982 contro la nazionale brasiliana, Paolo Rossi, in Brasile fu chiamato 'carrasco', il boia o il giustiziere in italiano. Rossi era talmente temuto che addirittura un'epidemia influenzale venne chiamata “Pablito”. L'appellativo risale al Mondiale precedente disputato in Argentina. Fu il direttore del Gazzettino, Giorgio Lago, ad inventare questo nomignolo la cui paternità viene attribuita erroneamente a Gianni Brera e ai Mondiali in Spagna.
Il fallimento del nostro sistema scolastico è certificato da una serie di dati che il Censis ha saputo elaborare restituendoci la fotografia di un paese nel quale la crisi economica ha inoculato una dose massiccia di rabbia che sembra aver cambiato radicalmente i connotati della nazione. Un paese scolarizzato non può annoverare un dato raccapricciante come questo: il 49,3% dei giovani ritiene sia loro diritto essere assistiti prima degli anziani. Pertanto, per metà dei nostri giovani, la scomparsa dei nonni è un evento da derubricare a fatto statistico, proprio come i profughi che muoiono in mare.
Chi pensava che il Covid avrebbe favorito una maggiore solidarietà da parte del cittadino, è servito. Come nazione, stiamo decisamente esprimendo il peggio e, a memoria, non risulta che il paese sia mai stato diviso come oggi. La cosa più sconcertante è che, in questa babilonia dai tratti tragicomici, perfino gli uomini di scienza stanno fornendo di sé un’immagine invereconda. In verità, le continue divisioni della comunità scientifica sono la causa principale del cosiddetto “negazionismo” che, in ogni nazione, si esprime nella rivolta delle piazze contro le restrizioni dei governi.
Le cronache di questi mesi hanno evidenziato i limiti strutturali di un paese che ha nascosto per anni il proprio declino che oggi tutti siamo in grado di constatare. La politica dovrebbe avere l’umiltà di ammettere le proprie inadempienze davanti alle quali, ogni giorno, il cittadino si scopre impotente. Tutti i governi di questi anni sono stati incapaci di programmare quel minimo di modernizzazione che avrebbe consentito di affrontare l’emergenza sanitaria senza l’isteria collettiva di questi mesi. Basterebbe, in proposito, porre mente a quella totale assenza di lungimiranza che, nei prossimi anni, rischia di condurre la nostra sanità alla totale paralisi.
Forse non poteva che andarsene nello stesso giorno in cui scomparve il suo grande amico Fidel Castro, Diego Armando Maradona, calciatore rivoluzionario e Cèzanne del calcio, unico nel farci dimenticare quello che si era ammirato prima di lui sul rettangolo verde, e altrettanto unico nel proiettare gli amanti del football verso scenari che erano un gradino sotto la fantasia e un gradino sopra la realtà. Già: la realtà. Quella sporca e polverosa di Villa Fiorito, provincia di Buenos Aires, da dove mosse i primi passi la sua avventura calcistica.
Mercoledì 25 Novembre 2020 è morto Diego Armando Maradona. Maradona e Napoli rappresentano nell'immaginario collettivo un binomio indivisibile ed indiscutibile che sintetizza il viscerale legame tra una città e il suo profeta. Grazie al Pibe de oro Napoli è tornata a far parte del panorama calcistico italiano e mondiale. Con Maradona il Napoli ha vinto l’impensabile: due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa UEFA. Sette anni insieme che ancora oggi vengono ricordati e tramandati con orgoglio alle future generazioni da chi può dire: “Io c’ero”. Ora Maradona non c’è più, a Napoli scende il silenzio e viene proclamato il lutto cittadino. In attesa di intitolargli, forse, un giorno lo stadio.