Ognuno ha una caverna dentro di sè dove ritirarsi per rigenerarsi: simbolo di rinascita e di rottura di equilibri prefissati, vi rientriamo tutti ogni qual volta avvertiamo la necessità di scavare in noi per capire. Dobbiamo imparare ad ascoltarlo questo mondo interiore, abitandolo, rinnovando la scelta di ritornarci sempre più spesso e sempre più a lungo, per trasfigurarci, per imparare a stare nella Presenza consapevole del qui ed ora, a scegliere l’agire invece del re-agire, in assoluta libertà creatrice.
Dopo aver preso atto della improvvisa liquefazione del Pdl, il Cavaliere ha dovuto riprendere vigorosamente l'iniziativa per ricompattare le truppe e tentare una sortita da par suo in grado di spiazzare tutti, alleati e avversari. Berlusconi non poteva rassegnarsi all'idea che lo sfaldamento del centro-destra potesse propiziare una larga vittoria del centro-sinistra a cui il Cavaliere imputa storicamente un insidioso collateralismo con la magistratura, vero incubo dell'ex premier.
Vent' anni fa, esattamente il 19 dicembre 1992, moriva Gianni Brera, il più grande giornalista sportivo di tutti i tempi. Un tributo ad un grande maestro la cui scomparsa ha reso orfani tutti gli appassionati di calcio che, con Brera, è assurto a dignità di vera arte, non solo agonistica, ma anche letteraria. Grazie al Grangiuàn, il calcio potè inventare un proprio lessico. A lui si devono termini ormai di uso comune come "centrocampista, "incornare", "fare melina", "forcing", "libero", perfino le espressioni "siamo alla frutta" e l'aggettivo "intramontabile".
Le grandezze reali della nostra economia denunciano un costante arretramento. Occorre ammettere che il governo dei tecnici, salutato dalla grande stampa come l'unico esecutivo in grado di risollevare le sorti della nostra economia, ha disatteso profondamente le aspettative degli italiani a causa della pervicace convinzione che il rigore fosse l'unica strada possibile per poter ridare slancio al paese.
Il ballottaggio tra Bersani e Renzi rappresenta il bivio davanti al quale si trova oggi il Pd: una mutazione genetica in grado di farne una sorta di "catch all party" ("partito pigliatutto"), cioè un partito all'americana dal programma eclettico e con un forte leader carismatico, oppure un partito classico, nel solco della tradizione, con uno solido radicamento sociale, un leader attento a preservarne i tratti identitari e alieno da tentazioni populiste.
Si chiama “recessione” il vero nodo gordiano della politica italiana che nessuno è in grado di sciogliere, al di là delle dispute su ogni altro tema che, pur importante, finisce per risultare marginale agli occhi di chi sta sopportando i costi di una crisi senza precedenti. Nessuno dei leader delle primarie ha speso una parola su questo, neppure Matteo Renzi di cui tutti ne magnificano la facondia, meglio, la capacità di non dire nulla sapendolo dire bene.
Il rilancio della partecipazione del cittadino non passa solo dalla legge elettorale ma dalla necessità di riformare i partiti in senso “autenticamente” democratico. In caso contrario, anche le primarie sono soltanto un espediente per rubare il proscenio all'avversario o per conservare intatte le vecchie modalità di reclutamento che premiano la fedeltà ai capi e il servilismo dei furbi, come capita di vedere nel cuore dell'impero e, purtroppo, anche nelle sue più lontane periferie.
Le elezioni politiche possono costituire una vera e propria catarsi da cui partire per promuovere un'immagine nuova e diversa del nostro paese. Un paese normale dovrebbe ripiegarsi su se stesso per capire le motivazioni di una deriva etica che ha intaccato l'intero corpo sociale in tutte le sue articolazioni. Ma noi, purtroppo, non siamo un paese normale e per questo non c'è da illudersi sugli sviluppi delle vicende politiche di questi giorni.
Il progetto di portare da 18 a 24 ore le ore di insegnamento dei professori delle medie e delle superiori sta scatenando la (giusta) protesta della categoria. Ecco tutte le incoerenze e le incompatibilità della proposta del governo a cui il ministro dovrebbe dare una risposta.
Si odono elogi sperticati a favore del premier che avrebbe salvato il paese dalla catastrofe finanziaria ma non ci risulta che Mario Monti sia stato tra gli oppositori di un'Europa di chiara matrice monetarista che ha anteposto la stabilità dell'euro all'equità sociale.