Per il Quirnale si impone la scelta di un soggetto dotato di equilibrio, di specchiata moralità e di grande prestigio internazionale. In quest'ottica, ha ragione chi, come il prof. Zagrebelsky, ha sostenuto l'opportunità che il prossimo Capo dello Stato non sia frutto di trattative segrete tra partiti o di scelte partorite dal Palazzo di cui il cittadino non è in grado di cogliere gli accordi sottostanti. Rispetto al passato, infatti, oggi il cittadino avverte la necessità che il nuovo Presidente sia pienamente rappresentativo della nazione e, conseguentemente, che la scelta del Parlamento ricada su un personaggio di alto profilo istituzionale di cui, allo stato, non vi è traccia nell'universo della politica.
Guerra, terrorismo, attentati ed estremismo religioso, sono parole che evocano la catastrofe che l’Afghanistan attraversa da decenni. Questo mondo è simile solo in parte a quello che, quasi duecento anni fa, si affacciava sulle soglie dell’età contemporanea. I conflitti interni e le lotte fra fazioni rivali erano già ben conosciuti dagli afghani, ma dal tempo dei regni ellenistici nessuna potenza europea si era interessata a queste terre poste nel centro dell’Asia.
La concentrazione di ricchezza in poche mani ha reso possibile il controllo dell’informazione e della cultura, riuscendo a plasmare il costume sociale e lo stile di vita, cioè, i modi di pensare e di vivere di interi popoli tra i quali si sono improvvisamente dissolte le antiche distanze, geografiche e identitarie. Il cittadino viene sapientemente educato a ritenere normali cose che non lo sono affatto: i salari e le pensioni da fame, il precariato, le morti dei profughi in mare, la confisca di risorse ai popoli più poveri, l’evasione fiscale delle grandi multinazionali, perfino l'esistenza dei paradisi fiscali, zona franca dei grandi potenti della terra. Ma c’è altro. La concentrazione di ricchezza si traduce in una facile penetrazione dell'universo politico e delle assemblee legislative che, attraverso un'accorta attività di lobbying, è in grado di propiziare il varo di leggi e provvedimenti di favore.
Il 28 febbraio 1983 la classifica ATP, appena sfornata dal computer, incoronava Ivan Lendl nuovo numero uno del mondo, il sesto in assoluto nell’era dell’automazione. I puristi gridarono allo scandalo: Ivan Lendl era senza dubbio un giocatore fortissimo, ma fino a quel momento non aveva vinto nessun titolo dello Slam perdendo 2 finali, di cui una da favorito. Quando le graduatorie mondiali erano stilate da giornalisti specializzati e, magari, differenziate per superficie, nessuno si sarebbe sognato di collocarlo in vetta. Il cecoslovacco si sarebbe poi rifatto ampiamente vincendo 8 slam (e perdendo 11 finali) nel corso della sua quindicennale carriera.
Il Parlamento italiano, in ogni legislatura, offre innumerevoli esempi di politici che cambiano casacca. La Costituzione lo consente ma non si può ignorare il disprezzo che il cittadino suole indirizzare ai politici che abiurano al proprio partito. Se fossimo un paese serio, un politico che dissente dal suo partito dovrebbe avere il buon gusto di dimettersi, anche a costo di tornare dignitosamente alla propria vita privata. Già, se fossimo un paese serio. Ma noi non lo siamo mai stati e, per questo, ancora oggi nessuno osa indignarsi per tutti quei voltagabbana che rappresentano il triste modello di una cultura trasformista che continua ad alimentare il pregiudizio di tanti italiani secondo cui i politici si servono del cittadino fingendo di servirlo.
Il crollo dei salari in Italia rappresenta un problema che il governo non può sottovalutare perché, come ha dimostrato l'astensionismo nelle elezioni amministrative, esiste una parte significativa del paese che ritiene concreto il rischio di restare esclusa dai benefici del Recovery. In questo senso, il governo Draghi ha l'onere di dare al cittadino un messaggio chiaro e inequivocabile. I denari del Recovery dovranno essere orientati verso una modernizzazione del paese che dovrà giovare all'intero corpo sociale che, in tutte le sue componenti, dovrà sentirsi protagonista di questa fase di rilancio. Il governo, pertanto, stia attento a non apparire elitario e troppo vicino all'establishment e a Confindustria a cui piace il decisionismo di "Supermario".
Non è dato di sapere se sia stato più grande il cuore del giocatore o quello dei suoi tanti tifosi. Roberto Baggio ha saputo unire tutta l’Italia sotto la bandiera della sua infinita classe. Gli archivi dicono che ha vestito le maglie di Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia. Negli occhi dei tifosi tutti quei colori sociali sfumano nell’azzurro della casacca della nazionale. Era impossibile non amare Baggio e le sue giocate a prescindere della maglia. In piazze più piccole, come Bologna e Brescia, era al tempo stesso l’idolo della folla e il ragazzo della porta accanto. Nelle metropoli del pallone era la stessa cosa.
Nell’autunno del 1981 Bjorn Borg era ancora uno degli sportivi più ricchi e famosi del pianeta. Sposato dall’estate dell’anno precedente con la collega rumena Mariana Simionescu, testimonial di decine di marchi e richiesto un po’ dappertutto, il campione svedese annunciò a sorpresa di aver bisogno di una lunga vacanza. Il tennis, grazie al quale aveva acquisito fama e fortuna, non era più in cima alla lista delle priorità. Dopo nove stagioni ai massimi livelli e, praticamente, senza pause anche l’uomo di ghiaccio sentiva il bisogno di staccare e ricaricare le batterie prima di tornare a combattere con il logorio della vita moderna.
Giorgia Meloni continua ad essere infastidita dai ricorrenti riferimenti al fascismo ma finge di dimenticare che, dall’avvento di Berlusconi in poi, la destra italiana non ha mai smesso di accusare la sinistra di essere “comunista”. Purtroppo, chi semina vento, raccoglie tempesta. Durante l'evo berlusconiano, nessun esponente della destra ha mai pensato che quell’accusa potesse diventare un boomerang. Oggi, beffardamente, alla Meloni viene presentato il conto di una contrapposizione politica che il Cavaliere ha voluto trasformare in una contrapposizione ideologica che oggi non ha alcun senso ma che, in verità, non aveva alcun senso neppure 30 anni fa. Ma, a destra, in questi anni, tutti hanno taciuto.
La destra italiana si trova a dover affrontare, a breve, il grave problema della leadership dato che, non è un mistero, l'intero establishment non sembra nutrire grande fiducia nei confronti di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini, entrambi destinati a pagare a caro prezzo il loro spiccato anti-europeismo. Da più parti si invoca il ritorno di Silvio Berlusconi nel ruolo di Padre Nobile e di Grande Federatore della destra italiana nella quale coesistono storicamente un'anima nazionalista, un'anima localista e un'anima europeista. Solo l'abilità politica di Berlusconi ha consentito alla destra di sciogliere quelle antinomie identitarie che, senza il Cavaliere, sono destinate a riemergere in modo dirompente.