Dalla Relazione del Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, emerge il quadro di un paese dominato dall'illegalità, dalla corruzione e dal malaffare "le cui dimensioni sono presumibilmente superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce". Venti anni dopo Tangentopoli, non sembra essere cambiato nulla. Ritorna, imperiosa, una celebre battuta di Enzo Biagi: "In Italia, di legale, ci è rimasta soltanto l'ora legale".
Il 17 febbraio 1992, alle 17,30, nasceva l'inchiesta "Mani Pulite". Il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani irrompeva con i suoi uomini nell’ufficio di presidenza del Pio Albergo Trivulzio, l’ospizio dei milanesi poveri, mentre il presidente Mario Chiesa stava contando una mazzetta di sette milioni di lire in banconote da 100 mila, appena consegnata dall’imprenditore monzese Luca Magni.
Le ultime vicende giudiziarie hanno riportato al proscenio la commistione tra politica e malaffare che, dopo la stagione di Tangentopoli, un pò troppo ottimisticamente ritenevamo chiusa. La vorace macchina dei partiti seguita ad ingoiare denaro senza distinzioni tra destra e sinistra. Il discorso di Craxi come spunto per una possibile rilettura della politica italiana, scevra da tentazioni di demonizzazione o riabilitazione del leader socialista.
La rilettura del "Discorso agli Ateniesi" di Pericle come monito per chiunque sia attratto dall'amore per la politica e per il bene comune. Oggi la politica ha urgente necessità di ritrovare le proprie ragioni. Destra e sinistra sembrano avere smarrito non solo ogni capacità distintiva ma anche il senso della propria ragion d'essere. Il ritorno ai classici può aiutarci a ridare un senso all'impegno, alla partecipazione e alla militanza.
Il capitalismo finanziario sta infliggendo colpi mortali al capitalismo della produzione. Il paradosso della storia sta in questa sorta di autofagia del capitalismo che, dopo essere uscito indenne dalle minacce del comunismo, per ironia della sorte rischia seriamente di crollare a causa del veleno inoculatogli dalla terribile serpe che ha colpevolmente allevato in seno: la finanza.
Dopo tanti proclami, anche questo governo non riuscirà a scalfire minimamente le lobby e i potentati che minano alle fondamenta la nostra democrazia. E' troppo facile essere risoluti nel portare avanti le misure economiche contro l'inerme cittadino. Vogliamo vedere il governo Monti all'opera nello smantellamento di tutti i privilegi che si annidano nella pubblica amministrazione, nelle banche, nelle imprese, nelle professioni.
C'è grande stanchezza, nel paese, verso questa classe politica che dovrebbe avere il buon gusto di astenersi dall'accusare di qualunquismo chiunque ne auspicchi l'azzeramento. Passata l'emergenza, sarà necessario ripristinare il rapporto tra elettori ed eletti tipico di una normale democrazia rappresentativa. Ma per fare questo, sarà inevitabile che il vecchio notabilato renda conto delle nefandezze che tutti gli italiani stanno ora pagando a caro prezzo.
Nel nostro paese, a causa di una politica che ha spacciato il dirigismo come una forma avanzata di keynesismo, abbiamo assistito negli anni ad una sorta di gigantismo dell'apparato pubblico che non solo ha sperperato risorse ma ha finito altresì per creare una moltitudine di privilegi e di sacche parassitarie che non sono più tollerabili. Il pubblico impiego, di fatto, è diventato il più diffuso ammortizzatore sociale che lo Stato ha utilizzato per inventarsi un sistema di protezione sociale i cui costi sono diventati ormai insostenibili.
Tra i temi trattati dal cardinale Carlo Maria Martini nel suo ultimo libro ("Il Vescovo"), vi è anche quello riguardante le ricchezze possedute dalla Chiesa. Una riflessione dolente e provocatoria sulle accuse mosse al mondo ecclesiastico e, nel contempo, il monito rivolto ad ogni vescovo (che, va ricordato, deriva da epi-skopein, cioè, sorvegliante, guida, pastore) di "mettere in pratica le parole forti di Gesù sulla povertà".
Oggi nei 206 Istituti penitenziari ci sono 68.144 detenuti (di cui 24.584 stranieri) a fronte di una capienza di 45.654. I condannati definitivi sono 38.133, quelli in attesa di giudizio 14.482. Il sovraffollamento delle carceri italiane costituisce un vero insulto alla dignità dell'uomo e ai suoi più elementari diritti. Per questo proponiamo la lettura del diciannovesimo capitolo del celebre saggio "Dei delitti e delle pene", scritto da Cesare Beccaria nel 1764.