Pandemia, conflitto russo-ucraino ed emergenza climatica rischiano di trasformarsi in un propellente favorevole alle autocrazie a causa dell'impoverimento crescente delle classi sociali più esposte alla crisi economica che sortirà, inevitabilmente, dalla concomitanza dei tre fattori sopracitati. Per vivere e germogliare, le democrazie hanno vitale bisogno di quella prosperità che consente al cittadino di guardare positivamente ad una società aperta, inclusiva e solidale. Di contro, il disagio economico conduce alla paura e alla ostilità verso qualunque forma di solidarietà nei confronti dei soggetti più deboli perché ognuno è portato a ritenersi più debole e, dunque, più bisognoso degli altri.
Dietro la grande mistificazione della “cultura del fare”, negli ultimi decenni abbiamo visto affacciarsi soggetti che concepiscono la politica come affarismo e come strumento di affermazione personale, che ignorano spensieratamente cosa sia la politica nella sua più nobile accezione. L’astensione di massa che abbiamo visto in tutto il paese, pertanto, non è altro che l’espressione del disincanto e della rabbia di un elettorato che guarda con disprezzo quella politica che non perde il vizio di servirsi del cittadino fingendo di servirlo. Bisogna ripartire da questo se vogliamo ridare un senso alla nostra democrazia, se vogliamo rilanciare la partecipazione, se non vogliamo lasciare campo libero ai furbi e ai lestofanti.
Dopo aver lasciato il dipartimento di polizia di Vancouver, l’ex tenente Jack Cabodi vive in solitudine nel Labrador. Convinto dal suo ex capo a lasciare il suo isolamento volontario a causa di misteriose consegne di pelle umana alla chiesa cattolica e a quella mennonita di Rosthern, Cabodi inizia a indagare affiancato da Leonardo Aresi, esperto in omicidi a sfondo religioso, appositamente inviato da Roma dalla polizia vaticana. Mentre le macabre consegne proseguono, accompagnate da enigmatici messaggi legati al linguaggio arcaico del popolo Navajo, Cabodi scopre che il movente che spinge il misterioso killer affonda le radici in un passato accuratamente occultato dalle autorità vaticane.
Il romanzo italiano, quello novecentesco, può essere riassunto nella formula dell’individuo alla deriva in balia (la zattera di Gericault) delle bufere della storia, intento nel faticoso e contraddittorio percorso di formazione di identità e coscienza che, da feudale ‒ raminga nelle infinite vicissitudini della storia nazionale ‒ approda ad un’esistenza in cui leggere trasformazioni sociali, mutazioni antropologiche, culturali, politiche, misurabili nello spazio dell’esperienza individuale. Struttura di un racconto già emblematico capace di farsi metafora, apologo, allegoria di qualcosa che appartiene alla più estesa collettività.
Malgrado siano scolarizzati, i nostri giovani sono rimasti molto fragili sul piano culturale come si evince dal loro lessico scarno, piatto e infarcito di banalità. Lo strapotere dei social ha contribuito a dare il colpo di grazia ad un sistema scolastico già deficitario sul quale la nostra società non ha mai voluto interrogarsi seriamente. Pertanto, l'esito del concorso in Magistratura (220 idonei su 3.797 candidati) non ha nulla di stupefacente perché rappresenta la conseguenza di un sistema scolastico fuori dal tempo, antistorico e stantìo nel quale l'importante totalizzante del "voto" e delle "medie aritmetiche" ancora oggi finisce per prevalere sulla necessità di aiutare l'alunno a costruirsi una personalità dotata di curiosità e di spirito critico.
Secondo Margarita Simonyan, la giornalista più famosa in Russia, direttrice di RT, ex Russia Today, "nessuna grande nazione può esistere senza il controllo dell'informazione". L'esempio della Cina risulterebbe paradigmatico: si può avere un'economia florida senza un sistema politico libero. La stessa Russia avrebbe sperimentato questa verità durante gli anni di Gorbaciov il quale, liberalizzando la vita politica del paese, ne avrebbe determinato il crollo economico e finanziario. Secondo Margarita Simonyan esisterebbe, pertanto, una incompatibilità strutturale tra democrazia economica e democrazia politica che l'Occidente si rifiuterebbe di riconoscere nell'illusione che libertà e benessere possano procedere di pari passo.
Abbiamo vissuto, da giovani, i tempi più belli che si sono succeduti dalla fine della guerra ad oggi: i periodi del boom economico, delle industrie che lavoravano a pieno regime, dei media che raccontavano di grandi progressi e di robuste speranze. Mi ricordo che a me per ben due volte il lavoro me lo hanno tirato dietro. L’autostrada del sole giunse ad unire l’Italia, la galleria del Monte Bianco ad annodare l’Europa. Guardavamo lo sbarco sulla Luna e non sapevamo cosa fosse una pandemia, la vaccinazione era quella contro il vaiolo, non ci intendevamo di fosse comuni e di missili supersonici. Nemmeno le sanzioni sapevamo cosa fossero. La guerra fredda era lontana. E non sapevamo quanto fossimo fortunati. Ora lo sappiamo.
Marine Le Pen e Vladimir Putin sono gli artefici di uno scontro culturale con quella democrazia liberale i cui valori vedono l'Europa depositaria e custode: uno scontro di civiltà vero e proprio che l'Occidente non può più sottovalutare illudendosi che l'avversario si componga solo di mentecatti. Le cronache hanno più volte dimostrato i forti legami esistenti da lungo tempo tra lo zar e la leader di Rassemblement National la quale avrebbe beneficiato perfino dei prestiti di una banca russa. Non può ritenersi casuale, pertanto, la contrarietà di Marine Le Pen alle sanzioni inflitte alla Russia, così come la mancata condanna dell'invasione russa: risulta fin troppo evidente che Putin e Le Pen marciano divisi per colpire uniti.
Erba è stata una delle capitali delle musica leggera e del bel canto italiano che dilagava per il mondo. Fu quella la bella performance della dell’azienda Durium che è stata per anni una delle più importanti protagoniste della discografia italiana. Era in via Trieste e ha occupava, nei momenti di maggior produzione, oltre un centinaio di dipendenti. Cominciò con i dischi di cartone, i famosi “78 giri”, poi vennero i “78 giri” di gommalacca, poi, via via, i “45 giri” di vinile, i “33 giri”, fino ai “16 giri”. Funzionò bene fino a quando sul mercato discografico apparvero i “compact disc”.
I veri nemici dei sovranisti restano l'Europa, gli Usa, papa Francesco e, naturalmente Zelensky ai quali bisogna imputare la crisi economica che sta per abbattersi sull'Occidente. Naturalmente, questo teorema finisce per salvare solo Putin al quale si vorrebbe consentire di annettersi l'Ucraina così come è avvenuto in passato con la Cecenia, la Georgia e la Crimea. Risulta del tutto inutile rammentare ai sovranisti il precedente di Hitler, l'Anschluss, Danzica e la codardia degli alleati che non mossero un dito per paura della guerra. Evidentemente, come diceva Manzoni, “la storia insegna che la storia non insegna nulla”.