Non investire nell’istruzione ha portato tanti ragazzi ad andare all’estero in cerca di un lavoro più gratificante e remunerativo. Dopo avere formato le proprie intelligenze (accollandosene i costi), il nostro paese accetta di perderle con sconsolante indifferenza. I segnali di questo declino erano già emersi alla fine degli anni Ottanta ma la nostra classe dirigente ha finto di non vedere volgendo lo sguardo altrove. Oggi quel declino si è completato e lo si vede in tutti i campi. Salvo rare eccezioni, non abbiamo più le grandi eccellenze del passato e, se le abbiamo, vanno a comporre quella gerontocrazia di cui hanno ragione a lamentarsi i nostri giovani ai quali viene sottratta la possibilità di esprimere in patria il proprio talento.
Muhammad Ali era il campione del mondo dei pesi massimi e aveva di recente difeso vittoriosamente il titolo contro iI suo rivale per antonomasia, Joe Frazier detto Smokin’ Joe. Quell'anno The King decise di venire in Europa, per un tour di conferenze. Egli alloggiò al Grand'Hotel Principe di Savoia, con il suo team numerosissimo e pittoresco, composto da collaboratori cortigiane e profittatori. Ali per non perdere la forma fisica, fece prenotare per quattro giorni consecutivi la palestra di via Mascagni. Ben pochi eletti poterono assistere agli allenamenti del Re dei pesi massimi, poiché la palestra era blindata dal servizio di sicurezza privato del Campione e via Mascagni era sorvegliata, fin dalle prime ore del mattino, dalle pattuglie della Polizia Municipale.
Nel settembre del duemilacinque, quell'omone è venuto qui tutti i pomeriggi. Vestiva un completo e un cappello a larga tesa bianchi, molto eleganti. Sembrava un fantasma. Arrivava verso le tre dalla darsena, in compagnia di una cagna meticcia, spingendo a mano la bicicletta, una Bianchi sono sicuro. Sa io me ne intendo, perché mio cugino correva in bicicletta. Accarezzava sempre la balaustra dell'alzaia. Poi legava la bicicletta al parapetto del ponte e si sedeva a quel tavolino, se era libero, senò ad un altro. Ricordo che aveva il naso schiacciato, come i pugili e che qualche volta sorrideva da solo, non so perché. Una persona educata, salutava sempre e mi lasciava due euri di mancia.
Per intere generazioni Enzo Biagi, Indro Montanelli ed Eugenio Scalfari hanno rappresentato un punto di riferimento irrinunciabile del giornalismo italiano. Erano un modello di stile, di rispetto e di tolleranza nei confronti dell’avversario e di tutto ciò che fosse diverso e “altro” da loro. Comprare un giornale era un rito che veniva celebrato ogni mattina con una passione del tutto sconosciuta ai nostri giovani molti dei quali non sanno neppure chi fossero “quei tre”. La morte di Eugenio Scalfari offre l’occasione per ripensare a come siamo cambiati. Basta scorrere le cronache per rendersi conto dell’imbarbarimento del costume e del linguaggio, sempre più becero e sprezzante.
Il dilettantismo dei 5 Stelle non è l'unica causa che ha determinato la caduta del governo perché l'insofferenza del cittadino si fonda su ben altre ragioni che il premier ha colpevolmente sottovalutato. Molti illustri precedessori di Mario Draghi sono entrati nell’agone politico da papi per poi uscirne ingloriosamente da sacrestani. Ma non sarà così per Supermario. Draghi, infatti, viene visto dai partner europei come il garante del corretto utilizzo dei fondi che saranno erogati al nostro paese. Davanti al profluvio di denaro che sarà elargito all'Italia, tutti sanno che non mancherà la longa manus dei soliti convitati di pietra, cioè della criminalità organizzata e delle camarille che ruotano attorno alla politica.
Giugno 1988 Pontone a Marciano, vista Capri. L’ex prefetto Carmine Appropinquo, stravaccato sul dondolo, stava leggendo “Spie contrabbandieri e signorine al Grand Hotel Campo dei Fiori” scritto da Eleonora von der Linden. Il mittente del “Piego di libri” era La Prealpina, storico quotidiano varesino. Pagina dopo pagina, grattandosi la pelata e tamburellandola con le nocche, ripeteva a bassa voce, affinchè la moglie donna Assunta non lo sentisse – Ma uarde nu poco. Hai capit ‘a scetata (la scaltra – sveglia), ca fesso so’ state essì che ‘a von der Linden la interrogai due volte! -.
Dopo un anno e mezzo di governo, non si può escludere che Mario Draghi abbia la tentazione di credere che “governare gli italiani non sia difficile, ma inutile”. Le occasioni per pensarlo non si contano posto che, al di là delle conclamate diversità, ogni partito ha sempre dimostrato di avere scarsa considerazione dell'interesse generale. L'Italia resta il paese delle lobby, delle corporazioni e delle camarille che non esitano a depredare la casse dello Stato se questo serve a tutelare gli amici o gli amici degli amici. Il caso delle concessioni balneari risulta paradigmatico: un litorale di 8.300 km vede ben 21.581 concessionari versare allo Stato meno di Eu 2.500 all'anno.
Con le liste bloccate è stato definitivamente sottratto agli elettori il diritto di sanzionare i parlamentari i quali, non a caso, grazie a questa sostanziale irresponsabilità, nelle ultime legislature hanno dato vita ad una immonda transumanza saltabeccando da un partito all'altro (nella legislatura in corso, sono circa 300 i parlamentari che hanno cambiato casacca, anche più volte). Inutile nasconderlo, nelle liste bloccate esiste una componente truffaldina che non può più essere sottaciuta ma tutti i partiti volgono lo sguardo altrove fingendo di non vedere. Come diceva Ennio Flaiano, la situazione politica in Italia è grave ma non è seria.
Pandemia, conflitto russo-ucraino ed emergenza climatica rischiano di trasformarsi in un propellente favorevole alle autocrazie a causa dell'impoverimento crescente delle classi sociali più esposte alla crisi economica che sortirà, inevitabilmente, dalla concomitanza dei tre fattori sopracitati. Per vivere e germogliare, le democrazie hanno vitale bisogno di quella prosperità che consente al cittadino di guardare positivamente ad una società aperta, inclusiva e solidale. Di contro, il disagio economico conduce alla paura e alla ostilità verso qualunque forma di solidarietà nei confronti dei soggetti più deboli perché ognuno è portato a ritenersi più debole e, dunque, più bisognoso degli altri.
Dietro la grande mistificazione della “cultura del fare”, negli ultimi decenni abbiamo visto affacciarsi soggetti che concepiscono la politica come affarismo e come strumento di affermazione personale, che ignorano spensieratamente cosa sia la politica nella sua più nobile accezione. L’astensione di massa che abbiamo visto in tutto il paese, pertanto, non è altro che l’espressione del disincanto e della rabbia di un elettorato che guarda con disprezzo quella politica che non perde il vizio di servirsi del cittadino fingendo di servirlo. Bisogna ripartire da questo se vogliamo ridare un senso alla nostra democrazia, se vogliamo rilanciare la partecipazione, se non vogliamo lasciare campo libero ai furbi e ai lestofanti.