La misteriosa scomparsa di Sara Scazzi, la quindicenne sparita nel nulla alla fine dello scorso agosto, ha portato al proscenio il paese della ragazza, Avetrana, un piccolo paese del Salento, che non fa mistero del proprio sdegno per l'avvilente spettacolarizzazione della vicenda e per l'insultante ritratto del luogo.
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Ciò che ha scritto su TG Com il 16 settembre 2010 Marcello Vinonuovo su
“Avetrana non è Hollywood. Viaggio nel paese di Sarah Scazzi” non può non
destare almeno qualche disappunto nella sensibilità di chi in quei luoghi è
radicato da diverse generazioni, è nato e ha continuato a viverci per scelta
consapevole.
Per mio stile accetto sempre le opinioni altrui, ma non mi esimo dall’avanzare
le mie. Rispetto la prospettiva dello “straniero”, ma accetto malvolentieri l’
opinione di uno “straniero” superficiale, che parla per bisogni professionali o
intellettuali, trascurando la vera conoscenza degli argomenti in oggetto.
La drammatica vicenda di Sarah Scazzi ha trascinato nel nostro paese numerosi
investigatori, ma anche tanti curiosi e giornalisti. Mi appare normale che
questo inquietante evento diventi oggetto quotidiano di cronaca, è normale che
si parli della ragazza scomparsa, della sua famiglia, del territorio in cui
vive. Si può anche accettare che possano essere travisate alcune realtà
contestuali.
Ciò che non può essere permesso è raccontare senza “sapere”, facendo danni
solo per il gusto di cercare la notizia. Io, come tutti, spero che Sarah
ritorni ma, quando e se ritornerà, riuscirà a ricucire tutti i brandelli
strappati alla sua vita ed alla sua intimità? Fornire notizie riguardo ad un’
indagine che appassiona milioni di persone non significa spettacolarizzare una
triste vicenda personale, mettendo a nudo perfino la sacralità dei piccoli
segreti personali.
La tragedia è diventata un inerme toro preda dell’esperto torero, Avetrana
trasformata in un’arena sotto il sole della “controra” meridionale spazzata
dallo scirocco. Serviva una scena e un coro al dramma, così sono stati trovati
ad arte. Il “paese lontano” dimenticato da Dio, gli abitanti “muratori”
imprigionati dalla noia in un mondo abbandonato, ai margini della società, che
cantano il loro assillante bisogno di evasione, costretti ad accettare ed
adeguarsi ad una ineluttabile “quotidianità che ti è data”.
Quanta retorica inutile e quanti luoghi comuni nelle parole del signor
Vinonuovo! Io non so quali fonti ha usato per conoscere il nostro paese, quali
interlocutori, se li ha cercati con professionalità o con ingenuità, se gli si
sono parati davanti accidentalmente o altro. Però di una cosa sono sicuro: che
si tratta di una fonte inadeguata. O almeno insufficiente.
E’ certamente vero che ad Avetrana c’è un certo grado di disoccupazione e
mancano delle strutture sociali, ma forse dimentichiamo che si tratta di un
piccolo paese simile a tante realtà di provincia, come ne esistono in tanti
angoli del mondo, dimentichiamo che le distanze si sono ridotte grazie ai tanti
mezzi esistenti nella modernità. L’emigrazione è un fenomeno che ha colpito
tanti territori italiani ed esteri, per bisogno, per ambizione e per voglia di
cambiamento: abbiamo donato tanti cervelli al mondo e credo che ne forniremo
ancora tanti nell’ambito di varie professioni (e forse anche della stampa);
tuttavia molti sono rimasti nella loro terra, perché questo è giusto, perché
cercheranno non di cambiarla ma semplicemente di migliorarla e renderla più
bella di quello che già è.
Lo “straniero” veda pure Avetrana come vuole, come dettato dalla sua fantasia,
da suoi bisogni inespressi, dai suoi deliri, ma stia sicuro che rappresenta
sempre il paese ideale per gli uomini che hanno deciso di viverci. Se a
qualcuno sta stretto e sente la necessità di andarsene, è un suo diritto:
nessuno avrà la voglia e la capacità di fermarlo. Nessuno però si può
permettere di giudicarlo senza conoscerlo, nessuno si può permettere di
umiliarci dall’alto della sua “sapienza”. Tutti gli “intellettuali” che negli
ultimi giorni ne hanno parlato e straparlato hanno offerto un esempio di
moderna ignoranza.
Invito amici e studiosi a conoscerci meglio, a venire a respirare più
intensamente la nostra cultura, a gustare i sapori delle nostre pietanze
davanti ai riflessi rubini di un buon calice di primitivo, ad accorgersi di
quanto la nostra terra profumi di olive e di salsedine, di quanto sono luminose
le nostre stelle e limpidi i contorni della nostra luna. Ricordandosi con
umiltà che le case in cui entreranno sono abitazioni di persone civili e di
lavoratori onesti che amano vivere.
Noi avetranesi continueremo a scoprire i nostri difetti, ma non con occhi di
stranieri, e cercheremo con pazienza di correggerli.