La grande abilità di Salvini é stata quella di aver dato un lessico comune a quella parte di società che, sentendosi soffocata dal “politically correct” della sinistra, non ha mai avuto il coraggio di esternare compiutamente i propri sentimenti di ostilità verso gli stranieri. Si tratta di quella stessa Italia che non esita ad accusare Papa Francesco di “catto-comunismo” per i suoi ricorrenti richiami alla solidarietà e alla giustizia sociale, parole ormai desuete e fuori dal tempo. C'è un'Italia che si compone di italiani per i quali può essere normale dirsi cattolici e, nel contempo, baccagliare contro immigrati e rom. Ieri, i terroni; oggi, gli immigrati.
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Dopo il precoce declino di Matteo Renzi, la politica italiana sembra destinata a vivere una nuova stagione che appare ineluttabilmente segnata dall'incombente egemonia di Matteo Salvini che pochi accreditavano come un leader in grado di dare una scossa al paese. Al leader della Lega va dato atto di avere intuito, con grande tempismo, tutte le opportunità che il contratto con i 5 Stelle gli avrebbe offerto per affrancarsi definitivamente dall'ingombrante ipoteca di Silvio Berlusconi. Occorre ammettere, infatti, che un governo con il Cavaliere non avrebbe consentito a Salvini di spadroneggiare come avrebbe voluto. Chiunque é in grado di capire che solo un governo con queste caratteristiche avrebbe permesso al segretario della Lega di assurgere al ruolo di mattatore assoluto, di dominus indiscusso di un esecutivo guidato da un premier incapace di richiamare all'ordine un ministro che, in modo debordante, non perde occasione per delegittimarlo. Tutto ciò, con il solerte appoggio del partito e degli elettori che vedono in Salvini l'angelo vendicatore di tutte le sopraffazioni subite a causa dello statalismo e dell'Europa. Potrà sembrare curioso ma l'elettore che suole esaltarsi davanti ai proclami bellicosi del leader leghista nutre una spiccata ostilità nei confronti dei poteri pubblici il cui diritto di normare e sanzionare viene spesso interpretato come una sorta di indebita ingerenza. La sensazione é che Matteo Salvini stia chiamando a raccolta una parte di Italia di cui la sinistra non ha mai neppure percepito l'esistenza. La crisi di quest'ultimo decennio ha fatto riemergere dal sottosuolo alcune frange sociali che credevamo ormai legate al passato, definitivamente assorbite dalla ricchezza di massa di uno stato sociale che aveva avuto anche il merito di scolarizzare una larga parte della nostra società. Evidentemente, non é così. In questo senso, Salvini dimostra di saper interpretare meglio di chiunque altro quella irrefrenabile tendenza all'individualismo di tanti italiani per molti dei quali, ad esempio, può essere normale dirsi cattolici e, nel contempo, baccagliare contro immigrati e rom. Questa Italia esiste da sempre ma la sinistra l'ha sempre liquidata ritenendola figlia di stereotipi e di semplificazioni populiste. Oggi scopriamo, attoniti, che c'é un'Italia che ama farsi sedurre dal cattivismo incendiario di Salvini di cui i social ne amplificano, insieme, vacuità e pericolosità. In realtà, si tratta di quella stessa Italia che non esita ad accusare Papa Francesco di “catto-comunismo” per i suoi ricorrenti richiami alla solidarietà e alla giustizia sociale, parole ormai desuete e fuori dal tempo. L'elettorato di Salvini é un elettorato di destra, nessun dubbio su ciò. Si tratta di una destra frastagliata che annovera una varietà di soggetti sociali tutti accomunati dall'odio per gli stranieri (quelli poveri, naturalmente). Giusto per semplificare: c'é lo studente fuori-corso ma c'é anche quello impegnato; c'é la piccola borghesia che non ha mai letto un libro ma c'é anche quella che va a teatro; c'é il professionista grossolano e venale ma c'é anche quello dai gusti sopraffini. La grande abilità di Salvini é stata quella di aver dato un lessico comune a questa parte di società che, sentendosi soffocata dal “politically correct” della sinistra, non ha mai avuto il coraggio di esternare compiutamente i propri sentimenti di ostilità verso gli stranieri. Salvini ha definitivamente sdoganato questa peculiare tipologia sociale che sarebbe opportuno non sottovalutare per gli effetti dirompenti che é in grado di innescare nelle nuove generazioni. In questo senso, occorre rilevare che stiamo assistendo ad una torsione culturale della destra italiana che nessuno avrebbe osato immaginare. Gli anni luminosi e rutilanti del berlusconismo hanno finito per partorire, in modo del tutto inaspettato, un nuovo paradigma populista che si fonda sulla paura e sull'insicurezza del cittadino. Il lento declino di Forza Italia e la continua ascesa della Lega rappresentano la conseguenza di questa metamorfosi culturale della destra italiana che, in pochi anni, ha sostituito la sfavillante utopia berlusconiana con la terrificante distopia salviniana di cui ogni giorno, incessantemente, ne ascoltiamo la spaventosa, kafkiana, narrazione. Siamo al solito, vecchio trucco: destabilizzare per poi stabilizzare. Sarebbe questo il “governo del cambiamento”?
(Editoriale apparso su La Provincia luned' 25 giugno 2018).