Il dibattito sui capilista sorprende per la naturalezza con cui viene legittimata una norma la cui incostituzionalità è stata incomprensibilmente sottovalutata dalla Consulta. Di fatto, avere i capilista bloccati implica che, prima ancora di andare alle urne, alcuni parlamentari hanno il seggio già assicurato! Si avverte, pertanto, la netta sensazione che la classe politica italiana abbia perso completamente il contatto con la realtà: troppo facile accusare di populismo il cittadino che si rivolta contro tali privilegi e che si indigna davanti alle ignobili piroette di chi cambia casacca per salvare il seggio!
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Leggendo le cronache del nostro paese risulta facile capire le cause della crescente divaricazione esistente tra ceto politico e società civile. Per i politici italiani sembra che l'unica, vera emergenza sia costituita dalla imminenza delle elezioni che mette a repentaglio la loro sopravvivenza politica. Inutile nasconderlo, una parte non irrilevante del Parlamento si compone di anonimi peones che, vivendo il terrore di tornare alla vita di ogni normale cittadino, non oseranno mai mettere in discussione il potere di nomina delle segreterie che, naturalmente, volgerà a favore dei più zelanti. Basterebbe ricordare alcuni dati per rendersi conto che lo iato esistente tra cittadini e classe politica è destinato ad aumentare, salvo un'improbabile resipiscenza di cui, ad oggi, non si intravede alcun segnale. Senza considerare la recente scissione avvenuta nel Pd, il Parlamento italiano annovera 11 gruppi parlamentari di cui solo 4 fanno capo a liste elettorali che hanno partecipato alle politiche del 2013: Pd, Movimento 5 stelle, Lega nord e Fratelli d’Italia. Esaminando i dati della Camera, si evince che ben 146 deputati hanno cambiato gruppo almeno una volta e che il totale dei cambi di casacca ammonta a 205. Anche i dati del Senato confermano i cambi plurimi che sono stati 175 ed hanno coinvolto 117 senatori. Pertanto, nell'attuale legislatura risulta che oltre un quarto dei parlamentari ha cambiato casacca (263, pari al 27,68%), per un totale di 380 cambi. Siamo davanti ad una palese anomalia che finisce per screditare ulteriormente il prestigio, già deficitario, di un ceto politico che non finisce di stupire per la proterva improntitudine con cui cerca di legittimare questa singolare transumanza come un diritto sancito dalla Costituzione. In verità, nell'introdurre il cosiddetto “divieto di mandato imperativo”, i costituenti pensavano a ben altro e, comunque, non immaginavano certamente che quel nobile istituto sarebbe trasmodato nell'attuale ignobile mercimonio. Il cittadino assiste indignato davanti a simili piroette di cui alcuni partiti, come ad esempio il Partito democratico, hanno conosciuto improbabili apostasie anche in occasione delle primarie: tutti ricorderanno che la sconfitta di Bersani portò in dote a Renzi un cospicuo numero di bersaniani la cui abiura si tradusse nella generosa conferma del seggio parlamentare. In verità, nessun partito è stato risparmiato da questo malcostume che è destinato ad alimentare la disaffezione del cittadino per la politica. Il dibattito sui capilista, ad esempio, sorprende per la naturalezza con cui viene legittimata una norma la cui incostituzionalità è stata incomprensibilmente sottovalutata dalla Consulta in occasione della recente pronuncia sull'Italicum. Di fatto, avere i capilista bloccati implica che, prima ancora di andare alle urne, alcuni parlamentari hanno il seggio già assicurato! Si avverte, pertanto, la netta sensazione che la classe politica italiana abbia perso completamente il contatto con la realtà: troppo facile accusare di populismo il cittadino che si rivolta contro i privilegi! C'è altro e, proprio per questo, i nostri politici farebbero bene a ricordare il monito di Rousseau: “Eliminate opulenza e miseria perchè dalla prima nascono i tiranni e dalla seconda i sostenitori della tirannide”.