Secondo l'Istat, dei 60 milioni e 441mila residenti, gli italiani al lavoro sono 22 milioni e 465mila: cioè, solo il 37,2%. Solo il 19,8% del totale degli italiani può vantare il tradizionale contratto a tempo pieno e indeterminato: si tratta, cioè, solo di 11 milioni e 973mila persone. Le ragioni per cui ben 37 milioni e 976mila italiani, pari al 62,8% del totale dei residenti, non lavorano, sono di tipo prevalentemente anagrafico: hanno meno di 15 anni (8 milioni 371mila) oppure hanno più di 64 anni e sono in pensione (12 milioni 534mila). In Italia ci sono 14 milioni e 38mila italiani, pari al 23,2% della popolazione residente, i quali, pur avendo l'età per lavorare, sono privi di un'occupazione ed hanno perfino rinunciato a cercarla. Alla fine, quindi, i disoccupati veri e propri, cioè coloro che non hanno un lavoro ma continuano a cercarlo, sono appena 3 milioni e 33mila, pari al 5% dei residenti
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Ha destato scalpore la lettera di Michele, giovane trentenne di un paese in provincia di Udine, che si é tolto la vita perchè non aveva un lavoro. Quel gesto disperato, insieme a tanti altri avvenuti negli ultimi anni, fa capire che esiste una parte della società italiana che sta soffrendo più di altre il lento declino di un paese che viene percepito come irreversibile. Basterebbe esaminare alcuni dati per rendersi conto della gravità di questo momento storico che la classe politica seguita colpevolmente a sottovalutare. Secondo l'Istat, dei 60 milioni e 441mila residenti nel nostro paese nel 2016, gli italiani al lavoro sono stati 22 milioni e 465mila: cioè, solo il 37,2%. Di questi, 16 milioni e 988mila sono lavoratori dipendenti (pari al 28,1% della popolazione italiana) mentre 5 milioni 477mila (cioè il 9,1% degli italiani) sono autonomi. Esaminando l'area del lavoro dipendente, emerge un altro dato sconcertante: solo il 19,8% del totale degli italiani può vantare il tradizionale contratto a tempo pieno e indeterminato: si tratta, cioè, solo di 11 milioni e 973mila persone. Tutti gli altri occupati hanno contratti diversi: 2 milioni e 632mila sono a tempo parziale (4,4%); 1 milione 669mila lo hanno a tempo pieno, ma a termine (2,8%); altri 714mila ce l’hanno a termine e a tempo parziale (1,2%). Le ragioni per cui ben 37 milioni e 976mila italiani, pari al 62,8% del totale dei residenti, non lavorano, sono di tipo prevalentemente anagrafico: hanno meno di 15 anni (8 milioni 371mila) oppure hanno più di 64 anni e sono in pensione (12 milioni 534mila). Come si vede, siamo un paese in cui la popolazione attiva è di gran lunga inferiore a quella inattiva. Ma c'è un altro dato che risulta allarmante. In Italia ci sono 14 milioni e 38mila italiani, pari al 23,2% della popolazione residente, i quali, pur avendo l'età per lavorare, sono privi di un'occupazione ed hanno perfino rinunciato a cercarla. Alla fine, quindi, i disoccupati veri e propri, cioè coloro che non hanno un lavoro ma continuano a cercarlo, sono appena 3 milioni e 33mila, pari al 5% dei residenti (dati Istat, tratti da Truenumbers.it). Inutile dire che siamo davanti ad una situazione esplosiva che rischia di mettere a repentaglio la tenuta democratica dell'intero sistema poiché non è pensabile che poco più di un terzo della popolazione possa farsi carico della restante parte. Non solo. C'è una parte non irrilevante del paese che, attraverso vari espedienti, riesce a porsi al riparo dal fisco determinando un grave problema di equità: come dire, chi è già vessato dalle tasse, finisce per esserlo sempre più a causa di talune zone franche che, beffardamente, riescono ad esercitare sulle istituzioni un rilevante potere di interdizione. Ciò si evince, per esempio, dalla facilità con cui inchieste clamorose come “Panama papers” (contenente una lista di 700 italiani che hanno trasferito somme ingenti nei paradisi fiscali) sono state derubricate dalla stampa a semplice fatto di cronaca. Se questo è il quadro complessivo del paese, non c'è da stupirsi della rabbia che alligna nel corpo sociale la quale può sfociare, fatalmente, in episodi come quello del povero Michele. Come scrisse alcuni anni fa Enzo Biagi, “per uccidere un uomo, non serve togliergli la vita, basta togliergli il lavoro”. Resta questa, la vera, drammatica, emergenza del paese: lo tengano bene a mente i nostri politici, prima che sia troppo tardi.