Malgrado gli scandali giudiziari che imperversano a destra, la sinistra non riesce ancora ad essere sufficientemente credibile per accreditarsi alla guida del Paese. Qualcuno dovrebbe spiegare quale corto circuito ha determinato questa svolta culturale della sinistra che da tempo avverte l'irresistibile prurito di voler schierare un “leader carismatico” come accade a destra. Non è un caso se, oggi, l'unica, vera novità è costituita da Renzi che rappresenta il sigillo ufficiale di questa omologazione politica e culturale della sinistra italiana.
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A pochi mesi dalla campagna elettorale l'unica certezza che si può cogliere dal dibattito pubblico è il crescente disgusto del cittadino nei confronti dei partiti il cui stato confusionale finirà per rendere ineluttabile la confema di Monti, vero e proprio convitato di pietra in una campagna elettorale gravida di incognite. Malgrado gli scandali giudiziari che imperversano a destra, la sinistra non riesce ancora ad essere sufficientemente credibile per accreditarsi alla guida del Paese. Se, dunque, la destra appare impresentabile, la sinistra risulta inaffidabile. In questo momento l'unica preoccupazione che accomuna la folta schiera di leader della sinistra è quella di impallinare Bersani, fedele rappresentante e ligio esecutore dell'"apparato". Renzi, Vendola, Di Pietro e Grillo rappresentano insieme la sempiterna babele di una sinistra che storicamente suole disquisire sulle molteplici forme del nulla per poi, puntualmente, dividersi su tutto. La verità è che, dopo venti anni di berlusconismo, anche la sinistra ha finito per modellarsi sugli archetipi populisti della destra. Come il Cavaliere, anche Di Pietro, Vendola e Grillo guidano partiti padronali nei quali programmi e contenuti sono un dettaglio marginale. Qualcuno dovrebbe spiegare quale corto circuito ha determinato questa svolta culturale della sinistra che da tempo avverte l'irresistibile prurito di voler schierare un “leader carismatico” come accade a destra. Non è un caso se, oggi, l'unica, vera novità è costituita da Renzi che rappresenta il sigillo ufficiale di questa omologazione politica e culturale della sinistra italiana. L'eclettismo di Renzi incarna una sorta di tardo-blairismo che parte da sinistra per guardare a destra. Si tratta di un'operazione che potrebbe anche risultare vincente sul piano elettorale ma che, come è già successo al Cavaliere, una volta al governo potrebbe condurre all’impotenza. Questo inedito tratto identitario della sinistra costituisce, in modo paradossale, il vero motivo di incertezza del Cavaliere il quale attenderà l'esito delle primarie del Pd per decidere sulla sua candidatura. La vittoria di Renzi lo indurrebbe a lasciare il campo ad Alfano al quale, come da tradizione, verrebbe garantito un robusto supporto mediatico. Al Cavaliere, infatti, non conviene misurarsi con un candidato premier che ha meno di quaranta anni e che, per ironia della sorte, ne ha abilmente assimilato stilemi e clichè al punto da apparire, talora, come il suo successore ideale. Solo la vittoria di Bersani, pertanto, indurrà Berlusconi a non lasciare la scena perchè solo un esponente della sinistra post-comunista potrà consentirgli di riesumare l'antico armamentario dei tempi andati e derubricare gli scandali giudiziari a ennesimo complotto di una magistratura ostile alla destra. Occorre ammettere che Berlusconi rappresenta la forza e il limite della destra. Fino a quando la destra italiana resterà incagliata nelle secche del berlusconismo, risulterà velleitario il progetto di un grande partito moderato. Occorre prendre atto che, con questa destra e con questa sinistra, sarà ancora molto lunga la notte degli italiani.