Chi è un serial killer se non un noioso burocrate dell’orrore? Niente di più che un metodico collezionista, vittima di un’urgenza di ordine che lo tiranneggia. Perché a volte, come diceva Carl Gustav Jung: "in ognuno di noi c'è qualcuno che non conosciamo". "La Buik grigia, stipata fino a scoppiare, da più di un’ora era pronta nel vialetto che conduceva all’Hotel Ambassador. Come sempre, Raymond aveva preparato tutto con largo anticipo. Helen e le bambine avevano cercato di complicargli il piano di rientro con i soliti ritardi, ma ora tutto sembrava pronto per la partenza.....". Un racconto estivo per augurarvi buone vacanze.
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Santa Monica, California, agosto del 1971
La Buik grigia, stipata fino a scoppiare, da più di un’ora era pronta nel vialetto che conduceva all’Hotel Ambassador. Come sempre, Raymond aveva preparato tutto con largo anticipo. Helen e le bambine avevano cercato di complicargli il piano di rientro con i soliti ritardi, ma ora tutto sembrava pronto per la partenza.
-Speriamo che il soggiorno sia stato di vostro gradimento, signori Cook - disse la giovane addetta alla reception, dopo che Raymond ebbe saldato il conto - ci auguriamo di rivedervi presto da noi. Ciao bambini, buon viaggio!
Mary Ann, una delle tante ragazze che dal Midwest venivano a trascorrere l’estate sulle coste dell’Oceano Pacifico con un contratto stagionale da receptionist, osservava i Cook alle prese con gli ultimi preparativi. Durante il loro soggiorno all’Ambassador, aveva ammirato quella che le sembrava un esempio di famiglia modello: lui, Raymond, sempre gentile e cortese; la moglie, Helen, bella ed elegante nei suoi completi color pastello; e poi Gloria ed Eleonor, le due bambine: così a modo, compite ed educate come poche.
Mary Ann, con il denaro guadagnato in quei tre mesi all’Hotel Ambassador si sarebbe potuta pagare la retta all’Università del Michigan senza dover chiedere il solito contributo ai suoi anziani genitori.
Non poteva certo sapere che qualcuno aveva deciso diversamente.
Se tutto fosse andato secondo i piani del misterioso serial killer che, da alcuni anni, puntualmente, tornava a colpire in questo periodo sulle coste del Pacifico, il giorno dopo Mary Ann sarebbe stata trovata come tutte le altre: a pezzi, nel refrigeratore della cucina dell’albergo. Da quando tutto era cominciato, sarebbe stata la vittima numero sette.
*
Mentre guidava in direzione di Sacramento - i Cook risiedevano in una di quelle villette unifamiliari a un solo piano non lontane dalla zona universitaria - Raymond cercò di fermare l’attimo in cui tutto era iniziato, in un tentativo di cristallizzare l’ebbrezza da onnipotenza.
“Dorothy, era stata Dorothy, la prima?” pensò “Era la volta di Santa Barbara, nell’estate del 1965. Dorothy la rossa, come no. Quella che non smetteva mai di frignare. Certo, proprio lei”.
Raymond sentì la necessità di un po’ di musica. Lui amava la musica, e il tizio della stazione radio stava annunciando una scaletta che non sembrava niente male. Guardò Helen e le bambine immerse in un sonno tranquillo. Abbassò il volume. Non voleva correre il rischio di svegliarle e guastare il piacere dell’ascolto con un contrappunto dissonante di acuti non in tono.
“Dorothy, certo. E dopo la rossa, Francene. Sì, Francene”.
Raymond si sforzò di mettere ordine nei ricordi. Osservò il cielo, e lo vide invaso da uno stuolo di nuvole bianche e gonfie che non preannunciavano niente di buono.
“Malibu, estate del 1966”, pensò “Beach Boys e tutto il resto, certo”.
Mentre dall’autoradio provenivano le note di una canzone dei Grateful Dead, Raymond si sorprese a riflettere sui motivi che avevano impedito a Francene di assecondare un qualsiasi tentativo di ribellione.
“Cazzo, Francene!”, pensò “quella tizia doveva avere qualche rotella fuori posto. Sembrava provasse piacere. Non urlava, non mi guardava come le altre, che imploravano, tutte, sempre. Sì, le solite cose. “Perché? Perché io?”. Piangevano, quando le legavo, prima di iniziare la pratica. Tutte, inevitabilmente. Francene, no. Con lei era stato diverso”.
Per Raymond Cook non era mai stato difficile organizzare la “pratica”. Quando se lo trovavano di fronte, durante il turno di notte – Raymond partiva sempre in coincidenza col successivo turno di notte delle ragazze - pensavano che avesse dimenticato qualcosa. C’era confidenza, ormai. Un paio di bicchierini al bar, una chiacchierata e si creava l’atmosfera giusta. Per il resto, un giorno di ferie in più chiesto in ufficio per ripulirsi dopo che tutto era finito e ritemprarsi in qualche Hotel nelle vicinanze, che diventava un normale giorno di lavoro per la famiglia. Tutto qui. Perché poi, per Raymond, quella non era nulla più che una pratica di lavoro. Una delle tante scadenze annuali. Sapete com’è, no? In inverno, il bilancio della ditta da redigere; in primavera, le tasse da pagare. E d’estate, donna da scomporre e surgelare. Era un metodico, Raymond Cook.
I fari della Buick Limited Cabriolet correvano sull’asfalto bagnato da un improvviso acquazzone facendolo luccicare come un’enorme spada affilata. Mentre dalla radio risuonavano le note di un pezzo dei Jefferson Airplane, i ricordi di Raymond si riaccesero, illuminando desolate zone franche della sua anima.
“Poi fu la volta di Telma e Jannette” , pensò “Venise Beach e Hungtinton Beach, l’anno successivo”.
Fra tutte, Telma fu quella che mise Raymond Cook più a disagio. A Venise Beach l’obiettivo era Marta, una cameriera adocchiata fin dal primo giorno di vacanza, che però, all’ultimo momento, si assentò dall’albergo. Raymond dovette ripiegare su Telma, ma la somiglianza della donna con sua moglie gli procurò strane sensazioni durante la “pratica”. Per diverse settimane non riuscì a sfiorare Helen, avvertendo un senso di fastidio anche solo nel rivolgerle la parola.
“A Hungtinton ci fu invece quel contrattempo con Gloria”, pensò, cercando di non perdere concentrazione alla guida mentre i tergicristalli si muovevano all’impazzata sotto la pioggia battente.
Gloria, la più piccola delle sue figlie, con quella banale bronchite aveva rischiato di complicargli i piani. Era stato bravo a convincere Helen a non anticipare il rientro, e tutto, poi, si era sistemato.
“L’ordine”, rifletté Raymond “dove ho letto quelle cose sull’emisfero sinistro del cervello? La logica e tutto il resto. Pare sia la parte incaricata di fare un po’ d’ordine nel casino quotidiano. E la lucidità, poi. Sì, la lucidità. I momenti di lucidità acuta sono il dono più grande che si possa possedere, cazzo!”
L’uomo al volante lanciò un occhiata a Helen e alle bambine.
“Notte fonda per loro. Meglio così”.
Mentre dallo specchietto osservava Gloria ed Eleonor beatamente addormentate, Raymond avvertì un inusuale cedimento alla commozione. In quei pochi secondi percepì una sensazione che gli procurò un senso di estraneità, come se la vista delle sue figlie avesse risvegliato un qualcosa di sopito, nascosto da tempo nella sua mente.
Era già accaduto altre volte; poi, però, quella “cosa” dentro di lui che conosceva molto bene, si era sempre riappropriata della scena, allontanando in fretta quelle vaghe sensazioni.
La Buick intanto continuava a sfrecciare sulla Federal Highway come uno squalo in cerca della sua preda quotidiana.
“La lucidità”, rifletté Raymond “permette contatti, rivelazioni. Le persone trascorrono le loro insulse esistenze come mosche intrappolate in un bicchiere rovesciato. Sono pochi gli eletti, i liberati”.
Mentre dall’autoradio incalzavano le note di In-a-gadda-a-vida degli Iron Butterfly, il volto dell’uomo venne attraversato da un lampo improvviso.
“Di tanto in tanto, nella vita, si apre una piccola finestra”, pensò “e se non ne approfitti per strisciare fuori in qualche modo, poi si richiude per sempre”.
Lui, c’era riuscito a strisciare fuori. Si sentiva libero. Faceva parte degli eletti, Raymond Cook. E ogni volta che uccideva quelle donne, sempre in corrispondenza del secondo plenilunio dopo il solstizio estivo, la sua eccitazione, alla vista di tutto quel sangue, lo avvicinava sempre più alla verità.
Mentre la pioggia non accennava a diminuire di intensità, Raymond si sforzò di completare il suo personale consuntivo.
“Poi venne Santa Catilina, 1969, lo stesso mese di Bel Air e di tutto quel casino della Family di Charlie”.
Manson e quelli come lui, Raymond non li aveva mai sopportati.
“Quel pazzo paranoico”, pensò “con tutte quelle cazzate su Satana. Lui, e quell’invasato di Anton LeVay. Sono proprio quelli come Manson a rappresentare un rischio per quelli come me. Creano allarme. I tizi dell’’FBI si agitano, e tutto si incasina”.
Raymond si ricordò di tutte le cautele a cui era dovuto ricorrere con quella cameriera di Santa Catilina, Jennifer. Era stato anche sul punto di rinunciare. Poi, il richiamo del
secondo plenilunio estivo era stato troppo forte per lui, e la “pratica”, un’impellenza a cui non era riuscito a sottrarsi.
Durante il tragitto che lo separava da casa, Raymond continuò ad ascoltare con piacere tutti quei pezzi alla radio. Amava il sound della sua terra. Si ricordò anche di Debra: Santa Cruz, estate del 1970. E pensò ancora a tutta l’eccitazione che lo invadeva, dopo aver sbrigato le “pratiche” con quelle donne. E alla sensazione di onnipotenza, davanti ai loro corpi macellati.
Arrivati a casa, i Derek ripresero possesso della villetta unifamiliare in cui abitavano da circa dieci anni. Raymond aiutò a disfare i bagagli, giocò con le bambine e seguì alla televisione le notizie sportive.
Dopo mangiato, si sedette in poltrona e attese che moglie e figlie decidessero di andare a riposarsi. Tutto quello che gli serviva, l’aveva già caricato in macchina con il consueto puntiglio. A Helen aveva rifilato la solita scusa: la notte da passare a casa della anziana madre, dopo giorni di lontananza.
Quando ormai era pronto per uscire, vide sua figlia uscire dalla porta dalla camera e corrergli incontro con le piccole braccia protese in un abbraccio.
-Papà, papà, grazie! Questa sì è stata una vacanza! - disse Gloria, cingendo forte il petto del padre.
Stretto all’esile corpo della figlia, Raymond provò ancora quel senso di commozione emergere dentro di sé. Ripensò a Francene, a Dorothy e a tutte le altre. E pensò a Mary Ann, che lo avrebbe atteso quella notte.
“Fermatemi, vi prego!” implorò la sua mente, quasi che il calore del corpo di Gloria avesse risvegliato una larva di umanità, rattrappita da chissà quanto in una stanza buia in fondo all’anima. Avvertì una fitta, Raymond, come se la natura che si era risvegliata, chiedesse il proprio posto nel suo cuore.
“Oh mio Dio, fa’ che mi fermino!”
In ognuno di noi c'è qualcuno che non conosciamo (Carl Gustav Jung)