I negoziati con tutte le altre forze politiche serviranno a Di Maio per “costituzionalizzare” il Movimento scrollandogli l'etichetta di partito “anti-sistema”. Per evitare la riedizione di una nuova “conventio ad excludendum”, Di Maio ha vitale bisogno di una legittimazione istituzionale in grado di accreditare definitivamente i 5 Stelle come forza di governo. Si tratta dell'ultimo tassello di cui necessita il Movimento che va ad aggiungersi alla recente apertura di credito della Confindustria, sempre abile e tempestiva nel cogliere i cambiamenti climatici del paese.
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Per capire le ragioni dello tsunami che si è abbattuto sulla politica italiana, dovremmo partire da un aneddoto raccontato da Gramellini dalle colonne del Corriere. Come sappiamo, a Pesaro il ministro Minniti è stato clamorosamente battuto da un ex grillino, Cecconi, noto alle cronache per essere stato espulso dal movimento per il mancato rimborso delle indennità. Con mirabile ironia, i giovani del Pd hanno pubblicato su Facebook il seguente post: “Rispetto a cinque anni fa abbiamo perduto 3888 voti, più o meno il numero dei decessi in città. Non è che gli elettori di sinistra non ci hanno votato, è che sono morti”. Si tratta di una battuta che aiuta a capire una delle ragioni che hanno determinato il tracollo del Pd e il travaso di consensi a favore del Movimento 5 Stelle. Chiunque è in grado di constatare che, nell'universo dei social, i giovani non amano la spocchia di Renzi, non ne sopportano la spavalderia ma, soprattutto, sono distanti anni luce dalla “cosmogonia” renziana. Infatti, a parte l'abituale tracotanza, le vere ragioni del fallimento di Renzi sono da ricercare nella sua totale identificazione con quella élite che il cittadino ritiene responsabile del progressivo impoverimento del paese. Gli endorsement che Renzi ha ricevuto in questi anni dal gotha del capitalismo italiano si sono rivelati esiziali perchè hanno contribuito ad accreditare l'immagine di una sinistra incapace di capire il disagio sociale. In questo momento storico, caratterizzato da una crescente divaricazione tra establishment e società civile, godere del consenso di Montezemolo, Marchionne o De Benedetti, alla fine è risultato letale. Ora il Pd si trova in un pericoloso “cul de sac” da cui non sarà facile uscire tenuto conto, altresì, che attorno al ministro Calenda comincia a prendere corpo un'alternativa, del tutto inedita, che sembra godere del sostegno della grande stampa. Le vicende interne al Pd destano curiosità in quanto sono destinate a incidere sulla formazione del nuovo governo che dovrà fare i conti con tutte le incognite connaturate al Rosatellum, concepito per un “governo del Nazareno” reso, ormai, impraticabile dal crollo inatteso del Pd e di Forza Italia. In proposito, risulta grottesco il tentativo di alcuni commentatori in livrea di imputare al successo dei 5 Stelle le attuali difficoltà a formare un esecutivo che, di contro, sono da ricondurre ad una legge elettorale di cui erano note le reali finalità. L'ipotesi che si possa formare un esecutivo composto da Pd e 5 Stelle, come raccontano le cronache, risulta del tutto peregrina perchè i negoziati con tutte le altre forze politiche dovranno servire a Di Maio per “costituzionalizzare” il Movimento scrollandogli l'etichetta di partito “anti-sistema”. Per evitare la riedizione di una nuova “conventio ad excludendum”, Di Maio ha vitale bisogno di una legittimazione istituzionale in grado di accreditare definitivamente i 5 Stelle come forza di governo. Si tratta dell'ultimo tassello di cui necessita il Movimento che va ad aggiungersi alla recente apertura di credito della Confindustria, sempre abile e tempestiva nel cogliere i cambiamenti climatici del paese. Il vero obiettivo di Di Maio, pertanto, è quello di sdoganare i 5 Stelle portandoli al governo nella prossima legislatura e non già in quella appena iniziata che si annuncia breve, precaria e gravida di incognite (su tutte, i diktat dell'Ue). Lo schema dei 5 Stelle è chiaro e lo sarà ancora di più nelle prossime settimane: restare all'opposizione e lasciare agli artefici del Rosatellum l'onere di governare il paese con un'agenda limitata che contempli anche il varo di una nuova legge elettorale. Scartata anche l'ipotesi di un governo Lega-5 Stelle (che finirebbe per rilanciare il Pd), ad oggi l'unica ipotesi credibile è quella di un governo composto, sotto l'egida del Quirinale, da Salvini, Berlusconi, Fratelli d'Italia e un manipolo di renziani “responsabili”. Sono costoro gli ideatori della sciagurata legge elettorale che ha determinato questa palude: ora si assumano la responsabilità e governino insieme. Anche turandosi il naso, se serve.