Grazie al suo fascino antico, da tempo, il calcio ha cessato di essere un gioco e si è trasformato in un grande business frequentato da spregiudicati lestofanti per i quali la bellezza dell'evento agonistico resta solo un pretesto per fare denari. La verità è che, dietro l'affascinante spettacolo calcistico, da decenni si celano interrogativi sui quali tutti abbiamo preferito glissare e che, oggi, dopo l'inattesa disfatta contro un manipolo di sprovveduti dilettanti, sarebbe opportuno porre sul tappeto.
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Lo sconforto di tanti italiani per l'eliminazione dai Mondiali riporta alla memoria una vecchia battuta di Winston Churchill secondo il quale “gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio”. Il calcio rappresenta un rito collettivo che scandisce, più di ogni altra cosa, le abitudini di tanti italiani per molti dei quali l'esclusione dai mondiali è causa di un vuoto funesto, quasi luttuoso. Grazie al suo fascino antico, da tempo, purtroppo, il calcio ha cessato di essere un gioco e si è trasformato in un grande business frequentato da spregiudicati lestofanti per i quali la bellezza dell'evento agonistico resta solo un pretesto per fare denari. La verità è che, dietro l'affascinante spettacolo calcistico, da decenni si celano interrogativi sui quali tutti abbiamo preferito glissare e che, oggi, dopo l'inattesa disfatta contro un manipolo di sprovveduti dilettanti, sarebbe opportuno porre sul tappeto. Ad esempio, nel luglio 2016 la Commissione parlamentare Antimafia ha pubblicato una relazione sulle “Infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito ed illecito”. Dalla citata relazione emerge l'interesse, del tutto inedito, delle grandi organizzazioni criminali verso i campionati minori (Lega Pro, serie D). Malgrado tutti fingano di non sapere, è risaputo che negli organigrammi di numerose società che militano in questi campionati figurano esponenti, più o meno noti, delle cosche mafiose. L'infiltrazione della criminalità organizzata nel calcio dilettantistico rappresenta, dunque, una novità a cui la crisi economica degli ultimi anni sembra aver fatto da propellente. Il fenomeno del “match fixing” (cioè delle partite truccate nell'ambito delle scommesse sportive) rappresenta una delle attività illecite più diffuse in Europa che consente alle mafie di riciclare i proventi derivanti dalle attività criminose. Grazie alle recenti tecnologie, oggi è possibile scommettere on-line somme ragguardevoli di denaro al riparo dalle insidie del fisco. Ci troviamo, pertanto, davanti ad una nuova patologia sociale che, facendo strame dell'etica sportiva, utilizza lo sport per creare un circuito finanziario in grado di spostare denaro con una facilità impressionante ed incontrollabile. Occorre, quindi, vigilare sulla presenza mafiosa nel calcio perchè non è escluso che anche il calcio professionistico sia ammorbato da fenomeni che poco hanno a che fare con lo sport. Una domanda interessante da porre al presidente della FIGC, Carlo Tavecchio, potrebbe essere questa: è vero o no che, attraverso la compravendita di calciatori, il calcio offre la possibilità di movimentare masse ingenti di liquidità da una zona all'altra del pianeta? L'acquisto di un calciatore può essere utilizzato come schermo per occultare e giustificare il trasferimento di cospicui capitali. Questo è uno dei motivi per cui il calcio italiano si compone per il 43% di calciatori stranieri: si tratta, spesso, di brocchi che rappresentano soltanto una pretestuosa ”figurina”. L'esclusione dal Mondiale potrebbe essere, pertanto, l'occasione per un lavacro provvidenziale del sistema che potrebbe alzare il velo sui numerosi interrogativi che nessuno osa porsi. Ad esempio: perchè tanta gente entra nel calcio pur sapendo di rimetterci? Semplice, perchè il calcio crea popolarità e consenso, propizia relazioni, conoscenze, opportunità ma, soprattutto, perchè consente di realizzare operazioni “oblique” che tutti fingiamo di non vedere: chi per fede, chi per amore, chi per convenienza o ipocrisia. Come diceva Simone de Beauvoir, “ci sono domande che evito di pormi perché ho paura delle risposte”. Voler bene al calcio, significa porsi quelle domande: questo è il momento.