Come nelle precedenti occasioni, anche questa volta il G7 ha mostrato al mondo la desolante impotenza dell'Occidente davanti alle problematiche del pianeta (clima, terrorismo e immigrazione) destinate per lungo tempo a restare senza una soluzione. Le “dichiarazioni di intenti” resteranno impegni scritti sull'acqua per l'assenza di un ordine mondiale di cui il G7 vorrebbe essere una forma embrionale pur rappresentando, per ora, solo una forma caricaturale.
-----------------
Come nelle precedenti occasioni, anche questa volta il G7 ha mostrato al mondo la desolante impotenza dell'Occidente davanti alle problematiche del pianeta (clima, terrorismo e immigrazione) destinate per lungo tempo a restare senza una soluzione. Le “dichiarazioni di intenti” resteranno impegni scritti sull'acqua per l'assenza di un ordine mondiale di cui il G7 vorrebbe essere una forma embrionale pur rappresentando, per ora, solo una forma caricaturale. In verità, vedere caracollare per le vie di Taormina un personaggio singolare come Donald Trump, induce a capire la totale irrilevanza di certi appuntamenti. Andrebbe, infatti, ricordato che Trump rappresenta quella stessa amministrazione americana che ha determinato l'attuale instabilità planetaria. La memoria collettiva tende a rimuovere il nesso causale che intercorre, ad esempio, tra l'invasione dell'Iraq e il terrorismo islamico. Di contro, sarebbe utile ricordare che, nell'attacco all'Iraq, gli Usa diedero vita ad una esibizione di potenza bellica devastante. La propaganda non esitò ad occultare la morte di migliaia di civili che, secondo una rappresentazione della guerra palesemente menzognera, fu attribuita esclusivamente agli attentati proditori dei kamikaze. Ci fu raccontato che le “bombe intelligenti” americane colpivano sempre, con chirurgica precisione, solo case vuote, strade deserte, cemento: danni collaterali, secondo il vezzoso lessico del Pentagono. Con la complicità della grande stampa, tutte le tv occidentali ritrassero la città di Damasco, completamente rasa al suolo, come l'esito doloroso, ma inevitabile, di una “guerra giusta” finalizzata ad “esportare la democrazia” in un paese funestato dalla dittatura. C'è un'altra verità, che fa da corollario alla precedente, che la stampa occidentale seguita tuttora a sottacere: gli interventi militari degli Usa di questi anni hanno finito per moltiplicare, in modo vertiginoso, sia il numero delle vittime che degli attentati jihadisti. Occorre, pertanto, chiedersi con quale credibilità il G7 possa approntare una efficace lotta al terrorismo se gli Stati Uniti continuano ad essere alleati di un paese come l'Arabia Saudita che, oltre a finanziare l'Isis, è intervenuto nello Yemen con il sostegno militare Usa. Ma esistono altre ragioni per ritenere il G7 solo una grande rappresentazione teatrale e nulla più. La globalizzazione ha creato e consolidato alcune interrelazioni, tra Stati e tra emisferi, che sono diventate, di fatto, ineliminabili. La Cina, che ha bisogno dell'Africa per approvigionarsi di materie prime, tiene in ostaggio gli Stati Uniti di cui possiede una montagna di miliardi di titoli di stato; a sua volta, gli Usa esportano armi e alta tecnologia in Asia e in Medio-Oriente; tutti gli Stati hanno bisogno del petrolio mediorientale. Sullo sfondo di questo “ricatto globale”, si staglia l'interesse comune di Trump e Putin per un'Europa debole e divisa: non è un caso, infatti, che entrambi abbiano appoggiato la Brexit. Da questo scenario, pertanto, è possibile trarre due conclusioni: da una parte, l'assoluta inutilità del G7 e, dall'altra, la necessità di un'Europa più forte. Naturalmente, senza mai dimenticare il monito di Thomas Mann: serve una Germania europea e non un'Europa tedesca.