La nuova legge elettorale prevederebbe una soglia di sbarramento del 5% il cui fine è quello di eliminare l'area del dissenso coagulatosi attorno a Renzi e Berlusconi: non nasce, quindi, da una prevalente esigenza di semplificazione ma da una vera e propria ritorsione destinata ad incarognire ulteriormente il clima politico del paese. Di contro, nel modello tedesco le minoranze risultano ampiamente tutelate grazie ad una regola che assicura un giusto riequilibrio nel riparto finale dei seggi attraverso il recupero dei voti andati dispersi nei collegi uninominali.
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Con il nuovo sistema elettorale che le Camere si accingono ad approvare, ci avviamo ad una fase politica di grande confusione che costringerà Renzi e Berlusconi a stare insieme al governo nel ruolo di garanti dell'Europa e di quell'establishment italiano che vive con sgomento l'ipotesi di una affermazione elettorale dei 5 Stelle. Si è parlato in questi giorni di una fantomatica legge proporzionale alla tedesca che, come si vedrà, non risponde al vero. Infatti, anche stavolta, la nostra classe politica ha concepito l'ennesimo capolavoro di ingegneria elettorale il cui obiettivo inconfessabile resta, come in altre occasioni, quello di non far vincere nessuno. Ma c'è altro. La nuova legge elettorale prevederebbe una soglia di sbarramento del 5% il cui fine, come è emerso dalle recenti schermaglie tra Renzi e il ministro Alfano, è quello di eliminare l'area del dissenso coagulatosi attorno a Renzi e Berlusconi: non nasce, quindi, da una prevalente esigenza di semplificazione del quadro politico ma da una vera e propria ritorsione destinata ad incarognire ulteriormente il clima politico del paese. Entrando nel merito, la nuova legge elettorale, come si diceva, non ha nulla a che vedere con quella tedesca. Il sistema tedesco, infatti, contempla la possibilità del voto disgiunto: è possibile, cioè, votare un candidato nel collegio uninominale e il singolo partito nel proporzionale. Di contro, la nuova legge che si vorrebbe approvare in Italia non prevede il voto disgiunto. Ma non finisce qui. Come è noto, il parlamento tedesco (Bundestag) si compone di 598 membri i quali, per il 50%, vengono eletti in 299 collegi uninominali (cioè, un solo seggio per ciascun collegio: il candidato che vince, anche per un solo voto, si aggiudica il seggio, mentre i voti degli altri candidati si disperdono); l'altro 50% viene eletto mediante un sistema proporzionale su base nazionale mitigato da una regola fondamentale che ha la finalità di correggere le distorsioni del sistema. Secondo questa regola, ai seggi da attribuire ai singoli partiti sulla base dei criteri proporzionali, vengono sottratti i seggi conquistati nei collegi da quegli stessi partiti. In questo modo, in sede di riparto proporzionale, si consente ai partiti minori di recuperare i consensi andati dispersi nei collegi uninominali. Un gruppo di avvocati italiani, già noti per la battaglia contro l'Italicum poi meritoriamente approdata alla Consulta, ha descritto con grande efficacia le virtù del sistema tedesco prendendo come esempio i risultati delle elezioni del 2013: “Nel 2013 la CDU ottenne nel proporzionale il 34,1% e avrebbe avuto diritto a 255 seggi, ai quali vennero tuttavia sottratti i 191 seggi conquistati nei collegi uninominali. Il totale dei seggi della CDU divenne quindi: 191 + 64. L’opposto di quel che accadde ai Verdi: 7,3% nel proporzionale (la cui proiezione in seggi era 63), 1 solo collegio uninominale. Totale seggi ai Verdi: 62”. Risulta agevole arguire che, sebbene vi sia lo sbarramento, nel modello tedesco le minoranze risultano ampiamente tutelate grazie a questa regola che assicura un giusto riequilibrio nel riparto finale dei seggi. Nulla di simile, di contro, è previsto nella nuova legge elettorale che risulta viziata dal proposito di un definitivo regolamento di conti che rischia di alimentare le divisioni di un paese già profondamente diviso.