Nel Movimento 5 Stelle permane un deficit di democrazia interna che nasce dalla preoccupazione del suo fondatore di preservarne l'integrità morale, la cifra etica, la peculiare capacità distintiva all'interno dello spettro politico italiano. La scelta di Grillo di blindare il vertice del movimento collide, tuttavia, con la struttura di un sistema fin troppo permeabile in periferia. Il sistema cosiddetto “Rousseau”, che dovrebbe essere uno strumento di democrazia, non può esserlo perchè preclude qualunque ipotesi di scalabilità del movimento la cui “stanza dei bottoni” resta, comunque, inaccessibile.
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La designazione di Di Maio come candidato premier del Movimento 5 Stelle è stata oggetto di scherno da parte della stampa italiana e del mondo politico per le modalità in cui essa è avvenuta. Si è trattato di un vero e proprio autogol commesso da Beppe Grillo il quale, come ha sottolineato Antonio Padellaro, avrebbe fatto meglio a nominare direttamente Di Maio senza voler dare a tutti i costi una legittimazione democratica ad una scelta che, da lungo tempo, appariva scontata. Ad una attenta lettura dei fatti, emerge con grande evidenza l'ipocrisia dell'intera politica italiana che, nella sua deriva leaderistica e plebiscitaria, cerca in ogni modo di dare una parvenza democratica a prassi e procedure che nulla hanno a che fare con la democrazia. E' innegabile che il Movimento 5 Stelle sia afflitto strutturalmente da un deficit di democrazia interna che nasce dalla preoccupazione del suo fondatore di preservarne l'integrità morale, la cifra etica, la peculiare capacità distintiva all'interno dello spettro politico italiano. La scelta di Grillo di blindare il vertice del movimento conferendogli una successione dinastica, collide, tuttavia, con la struttura di un sistema fin troppo permeabile in periferia. Il sistema cosiddetto “Rousseau”, che dovrebbe essere uno strumento di democrazia, non può esserlo perchè preclude qualunque ipotesi di scalabilità del movimento la cui “stanza dei bottoni” resta, comunque, inaccessibile. Questo limite viene sottolineato da tutti, curiosamente perfino dalla stampa di destra che finge di dimenticare la natura proprietaria di Forza Italia che rappresenta il paradigma originario di quello che i grillini usano definire un “non partito”. Chiunque simpatizzi per i 5 Stelle non può glissare su questo limite che trancia di netto qualunque ipotesi di confronto sulla reale natura del movimento. Ma c'è altro, come confermano anche le cronache. Il sistema “Rousseau” è un sistema pericolosamente lacunoso perchè è esposto alle facili e prevedibili scorrerie della criminalità organizzata. Per la mafia potrebbe essere un gioco da ragazzi convogliare un pacchetto di voti a favore di un volto nuovo e “presentabile” dato che, come è noto, l'iscrizione a “Rousseau” consente di scegliere i candidati in omaggio al dogma della “Rete”, ritenuta dai grillini la massima espressione di democrazia. Se vogliamo, in questo peculiare tratto identitario (cioè, in questa singolare concezione fideistica della democrazia diretta) risiede tutto il candore del movimento la cui lacuna più grave resta quella, talora, sconsolante, carenza di cultura politica che li fa sentire migliori e diversi dagli altri, obbligandoli ad uno “splendido isolamento” per paura di restare contaminati dalla corruzione del potere. Il dibattito di questi giorni ha colpito per la fierezza con cui il movimento difende le sue procedure, tanto atipiche quanto innovative. Se riflettiamo, desta stupore vedere esponenti della cultura e dello spettacolo spendersi a favore di questo movimento che, non andrebbe mai dimenticato, rappresenta la conseguenza del disgusto di tanti cittadini per i partiti tradizionali, abitati da falangi di carrieristi i cui volti sono ben noti in ogni periferia. Tuttavia, lo stupore trasmoda in sdegno quando le critiche ai 5 Stelle vengono formulate da chi non dovrebbe neppure lontanamente impancarsi e dare lezione di democrazia. A torto o a ragione, è stato scritto e detto tutto il possibile sui limiti del grillismo ma sarebbe lecito attendersi la medesima intransigenza nei confronti degli altri partiti nei quali, da lungo tempo, il dibattito interno è divenuto pressocchè inesistente. Invece, sulla stampa ed in televisione, assistiamo ad una grottesca rappresentazione di servilismo nei confronti di Renzi, di Salvini e di Berlusconi che finisce fatalmente per indignare il cittadino il quale, davanti ad un simile teatrino, si sente incoraggiato all'astensione. Con un minimo di onestà intellettuale dovremmo, quindi, ammettere che Beppe Grillo ha comunque il merito di avere fiutato prima degli altri il vento che spira sulla società italiana nei confronti del mondo politico. Chi vuole disinnescare la mina grillina, deve cominciare a porsi queste domande, senza barare e rinunciando a trucchi ed espedienti come quelli del recente accordo sulla nuova legge elettorale il cui vero obiettivo è eliminare Grillo e non il malcontento degli italiani.