Se non fosse che in questo stallo delle tristi operazioni tese a creare alleanze e maggioranze, formare il nuovo governo, sono in gioco i destini futuri della nazione, forse ci sarebbe anche da sorridere, tirando qua qualche battuta del nostro bel dialetto lombardo, che con pochissime parole, come riesce bene il parlare vernacolo popolare, a dare un’esatta realtà delle situazione e dell’infinito stallo in cui sono sempre sul rischio di annegare le ingarbugliatissime trattative. “Sèmm semper in del camp di cent pertich”, è metafora assai appropriata oltre che perspicace.
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Se non fosse che in questo stallo delle tristi operazioni tese a creare alleanze e maggioranze, formare il nuovo governo, sono in gioco i destini futuri della nazione, forse ci sarebbe anche da sorridere, tirando qua qualche battuta del nostro bel dialetto lombardo, che con pochissime parole, come riesce bene il parlare vernacolo popolare, a dare un’esatta realtà delle situazione e dell’infinito stallo in cui sono sempre sul rischio di annegare le ingarbugliatissime trattative. “Sèmm semper in del camp di cent pertich”, è metafora assai appropriata oltre che perspicace. Al dialetto bastano poche parole infatti per esprimere il concetto secondo il quale alcune persone si trovano in una situazione così complicata non essere più in grado di uscirne. Anche se, a guardar bene “Siamo ancora nel campo dello cento pertiche” ha pure la sua dignitosa collocazione nella lingua italiana. Quindi è facilmente comprensibile in tutta la nazione e in particolare anche a Roma dove si stanno accapigliando i rappresentanti del nostro popolo. Però, esigenze politiche a parte, sono convinto che è molto più bello ascoltarla nel dialetto di Carlo Porta. In dialetto infatti ha più efficacia. Che cosa vuol dire questo detto “dei cent pertich”? E’ facile intuire che chi si trova nel “camp di cent pertich”, sta in un luogo immenso, senza orizzonti, dal quale è assai complicato intravedere un punto di riferimento e quindi venirne fuori. E’ dunque la metafora di realtà, o di un problema che sono lontani dalla soluzione, oppure di un’attesa spasmodica (il caso delle trattative romane) che non si decide ad essere soddisfatta. Ma perché la pertica? La “pertica” era una unità di misura anche nella tradizione padana. La “milanese” equivaleva a 654,52 metri quadrati. C’era anche quella della Roma antica. La bella locuzione del “camp di cent pertich”, secondo alcuni storici, viene da altra parte: da una usanza longobarda. Per indicare degnamente e con rispetto la tomba di un principe o di un alto dignitario il popolo longobardo infilava nel campo una pertica più lunga possibile. Le sepolture successive di altri grandi personaggi dovevano stare con i loro pennoni a una distanza tripla dell’altezza della prima pertica. E così via. Figuriamoci quando le pertiche posate arrivavano a cento quanto sterminato era il campo. Il gran garbuglio e la drammatica peripezia in cui si trovano il povero presidente della Repubblica per cercare di trovare qualche intesa tra le varie forze in campo è ancora peggiore di uno smarrimento totale in quel campo delle cento pertiche dei longobardi. Infatti come se non bastassero le pertiche in questi scontri tra i partiti (che qualcuno continua ottimisticamente a chiamare trattative) vi è la gara a infilare nel terreno tutta una serie di paletti, di divieti, di odi e di ripicche che non permettono proprio di procedere verso l’orizzonte. E siccome una metafora tira l’altra, come le ciliegie di maggio, ecco che si fa strada un’altra bella espressione dialettale che fa proprio il caso. Ovvero “propri una gran sgarbiada”: davvero un bel groviglio. Come quello in cui si trova il povero pescatore, ovvero il nostro presiddente, che, recuperando il filo con l’amo, se lo ritrova tutto ingarbugliato, impossibile da districare. “Sgarbià” deriverebbe da “sgarbion” che è quel pettine con i denti radi, senza manico che si usava per districare i capelli. Ma forse è il contrario, cioè che è “sgarbion” a derivare da “sgarbià”. Qualche volta anche il dialetto fa confusione e non riesce a trovare una soluzione, proprio come adesso a Roma per il nuovo governo.