La campagna elettorale appena conclusa è destinata a passare alla storia come la più becera manifestazione di populismo, talora ammantata dal perbenismo di qualche suo protagonista che, nel raccontare favole al paese, ha solo usato un po' più di aplomb e di compostezza. Questa competizione avrebbe potuto costituire la giusta occasione per raccontare al paese alcune verità che, di contro, sono state scrupolosamente sottaciute. Si capisce, pertanto, che esistono temi che, sul piano elettorale, risultano disdicevoli: meglio far finta di nulla.
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In attesa di conoscere l'esito del voto, risulta utile fare una riflessione sui profili di una campagna elettorale che ha rivelato il ritratto di un paese profondamente cambiato. Occorre, innanzitutto, evidenziare la durezza del linguaggio utilizzato dai contendenti. In questo senso, non si può negare che la nostra classe politica abbia offerto il peggio di sé dimostrando di non avere contezza dell'importanza del proprio ruolo di cui il cittadino tende a recepirne stili, clichè e, purtroppo, sguaiataggini. Agli inizi degli anni '90 destò scalpore il lessico triviale e sprezzante di Umberto Bossi che, secondo la stampa amica, aveva il merito di saper interpretare la “pancia” del paese. Contestualmente, Silvio Berlusconi inaugurò la stagione della politica-spettacolo. Campione di quel periodo divenne Vittorio Sgarbi che, per anni, imperversò in tv con singolare furore coprolalico insultando chiunque osasse contraddirlo. Furono ben pochi ad accorgersi che, sui cieli della politica italiana, si era abbattuto un tornado di cui solo oggi possiamo constatarne gli esiti. La campagna elettorale appena conclusa è destinata a passare alla storia come la più becera manifestazione di populismo, talora ammantata dal perbenismo di qualche suo protagonista che, nel raccontare favole al paese, ha solo usato un po' più di aplomb e di compostezza. Questa competizione avrebbe potuto costituire la giusta occasione per raccontare al paese alcune verità che, di contro, sono state scrupolosamente sottaciute. Si capisce, pertanto, che esistono temi che, sul piano elettorale, risultano disdicevoli tant'è che neppure il Movimento 5 Stelle ha osato accostarvisi (chi tocca i fili, muore!). Ad esempio, non può passare inosservato il silenzio sulla mafia che continua ad irrorare copiosamente l'economia del paese senza che la politica si preoccupi di arginarne la continua espansione: potrà sembrare strano ma, per i nostri politici, la mafia non esiste! Anche da queste omissioni possiamo arguire l'involuzione della politica italiana che ridonda di incongruenze e di contraddizioni da cui non potrà mai sortire uno straccio di stabilità. Un esempio su tutti. A Berlusconi è riuscito l'ennesimo capolavoro di unire le molteplici anime, talora incompatibili, di una destra che, secondo i sondaggi, dovrebbe aggiudicarsi la maggioranza dei seggi. Anche grazie ad un robusto e collaudato supporto mediatico, Berlusconi ha saputo inventarsi un'alleanza elettorale che annovera nazionalisti, post-fascisti, leghisti, europeisti e antieuropeisti. In modo imprevedibile, del tutto incurante del pensiero dei suoi alleati, il Cavaliere ha lanciato, nelle ultime ore, la candidatura a premier di un personaggio notoriamente europeista come Tajani. Si tratta, naturalmente, di una candidatura del tutto virtuale che, pur non avendo alcuna possibilità di andare in porto, riveste un grande significato simbolico: con essa, infatti, Berlusconi punta a rassicurare i mercati e, nel contempo, cerca di riaccreditarsi davanti ai partner europei, terrorizzati da un'affermazione dei 5 Stelle. Piaccia o no, Berlusconi è tornato al centro dello scacchiere politico italiano: pertanto, dopo le elezioni, Mattarella non potrà prescindere da lui. E' facile prevedere che il Cavaliere non si opporrà alla probabile conferma di Gentiloni premier. Questo passaggio rappresenta il tassello di un disegno più ampio che, grazie alla legge elettorale, si pone l'obiettivo di legittimare un governo emergenziale che potrà consentire a Renzi e Berlusconi di avvicinare i rispettivi elettorati. Inutile negarlo, la precarietà della prossima legislatura costituirà un elemento che favorirà il processo di graduale avvicinamento tra Forza Italia e la componente renziana del Pd. Come è emerso in questa campagna elettorale, l'incompatibilità tra Berlusconi e Salvini riproduce quella diversità “antropologica” che è sempre esistita tra gli elettori della Lega e quelli di Forza Italia. La domanda temeraria che nessuno osa porsi è, pertanto, la seguente: non sarà Matteo Renzi il vero successore di Berlusconi?