Dopo la Bibbia, il "Libretto Rosso" di Mao rappresenta il libro più venduto di tutti i tempi, più del Corano e più del Capitale. In ogni caso, resta un testo dotato di un potere di indottrinamento delle masse senza eguali. Segue
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Dopo la Bibbia, il "Libretto rosso" di Mao rappresenta il libro più venduto di tutti i tempi, più del Corano e più del Capitale. In ogni caso, resta un testo dotato di un potere di indottrinamento delle masse senza eguali. Il nome nasce dal colore della copertina ma si tratta di una vulgata la cui origine è da attribuire ai sostenitori del "Grande Timoniere", fondatore nel 1949 della Repubblica Popolare. Il titolo autentico è "Citazioni del Presidente Mao Tse Tung" e il vero artefice fu Lin Piao, maresciallo dell'Esercito di liberazione popolare, Ministro della Difesa, braccio destro e aspirante successore di Mao. Risale al 1961 l'idea di Lin Piao di creare un testo di massime presidenziali da fare imparare a memoria dai soldati. Il "Libretto Rosso" uscì per la prima volta nel 1964. Resta tuttora misteriosa la tragica sorte toccata a Lin Paio che nel 1971 morì insieme ai suoi familiari in un incidente aereo. Il "Libretto Rosso" si rivolgeva ai giovani cinesi che Mao cercò di mobilitare contro la burocrazia del Partito Comunista cinese che pullulava di oppositori. Mobilitando i giovani, Mao puntò a creare un rapporto diretto di tipo carismatico con i giovani dell'intera Cina. Giovani di ogni parte del paese accorrevano nella Piazza Tienanmen a celebrare la grandezza del Presidente Mao. Federico Rampini riporta, nella pregevole prefazione all'ultima edizione del "Libretto Rosso", un passo del sinologo Ross Terrill in cui viene descritta questa enorme folla di giovani che osannano Mao indossando "tute militari color cachi con una fascia rossa al braccio e la scritta Guardie Rosse. Ognuno stringeva una copia delle Citazioni. Agitate in aria, tutte quelle copertine rosse facevano apparire la Piazza Tienanmen come una prateria piena di farfalle". Grazie al potere galvanizzante di alcune frasi, il "Libretto Rosso" cementò un'intera generazione di cinesi che venivano incitati alla violenza rivoluzionaria ("Il potere politico nasce dalla canna di fucile" oppure "la rivoluzione non è un pranzo di gala ma è un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra"). Il fascino irresistibile delle citazioni del Grande Timoniere conquistò anche le masse giovanili dell'Occidente. I movimenti studenteschi di tutta Europa adottarono il "Libretto Rosso" come uno dei testi sacri da affiancare a quelli di Marx, Lenin, Marcuse. C'era l'ingenua speranza che il comunismo cinese fosse diverso da quello sovietico. Le élites europee videro nella Rivoluzione Culturale del decennio 1966-1976 l'inizio di una nuova stagione per l'umanità, preludio al definitivo trionfo della giustizia universale. La forza seduttiva del maoismo sulle giovani coscienze non si fermò, quindi, in Cina. Ma la verità che si nascondeva dietro la grande rivoluzione venne rigorosamente occultata. L'idolatria del Presidente scatenò una dose di fanatismo e di intolleranza che si tradusse in sistematiche violenze, spesso efferate. Nelle campagne, le esecuzioni sommarie dei dissidenti raggiunse una cifra oscillante tra i 750.000 e il milione e mezzo di morti. Le persecuzioni raggiunsero il numero di 36 milioni di persone, tutte condannate ai lavori forzati nei laogai dove i detenuti, ogni mattina, erano obbligati a radunarsi davanti ad un muro su cui era appeso un ritratto di Mao, cantare le citazioni e, tenendo in mano, il "Libretto Rosso", gridare tre volte "Diecimila anni", cioè lunga vita al Presidente.