Non ha senso seguitare a sostenere che lo Stato italiano sia uno Stato laico (che, va rammentato, presuppone l'assoluta parità di tutte le confessioni) perchè, curiosamente, chi continua a sostenerlo evita di imbattersi sull'unico terreno sul quale questa disputa antica potrebbe ricomporsi: quello della riforma costituzionale. In realtà, come tutti sappiamo, non è mai esistito nel paese lo straccio di un partito o di un movimento disposto a sollevare temerariamente la questione. E' falso sostenere che l'Italia sia uno Stato laico perchè, come statuisce l'art. 7 della Costituzione, siamo uno Stato concordatario. Ecco perchè non ha senso impedire ai nostri bimbi di pregare a scuola.
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La settimana scorsa un dirigente scolastico di una scuola primaria di Palermo ha diramato una circolare con la quale si impone ai docenti di non fare recitare preghiere ai bimbi durante l'ora della merenda o di religione. Secondo le cronache, il dirigente avrebbe anche fatto rimuovere la statua di una madonna oltre alle immagini di Papa Francesco collocate sulle pareti della scuola. A sostegno di tale decisione, il dirigente avrebbe addotto un parere dell'Avvocatura dello Stato dell'8 gennaio del 2009, allegato alla nota del gabinetto del Miur del 29 gennaio 2009, secondo la quale è da escludere “la celebrazione di atti di culto, riti o celebrazioni religiose nella scuola durante l'orario scolastico o durante l'ora di religione cattolica, atteso il carattere culturale di tale insegnamento". Come già accaduto in passato, si ripropone la “vexata quaestio” del ruolo pubblico della religione all'interno di uno Stato che, con un'artificiosa forzatura, si è portati a definire “laico” senza che tale assunto possa vantare un valido fondamento giuridico. Il grande processo di secolarizzazione che ha vissuto il paese negli ultimi 50 anni ha partorito, infatti, una falsa verità sulla quale converrebbe fare chiarezza: piaccia o no, lo Stato italiano non è uno Stato laico. La scelta dell'Assemblea Costituente di recepire nella Costituzione i patti lateranensi (art. 7) ha avuto come naturale conseguenza quella di dare vita ad una legislazione statale che ha previsto a favore della Chiesa cattolica una serie di privilegi (insegnamento nelle scuole, modalità di reclutamento dei docenti di religione, agevolazioni fiscali) che molti esponenti della cultura laica tendono a contestare, per autocompiacimento o per lusingare le componenti più anticlericali del paese. Con una buona dose di ipocrisia, si tende a sottacere che dall'avvenuta “costituzionalizzazione” dei patti Lateranensi discende un primato della religione cattolica, rispetto alle altre confessioni religiose, che finisce per disegnare l'architettura di uno Stato che rappresenta un “unicum” in Occidente. Infatti, sul piano dei rapporti tra Stato e fedi religiose, l'Italia è da ritenersi uno Stato concordatario che, nel riconoscere un ruolo privilegiato alla Chiesa cattolica, non esita a riconoscere contestualmente la pluralità delle confessioni religiose: l'art. 8 della Costituzione statuisce, infatti, che “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”. Questo articolo ha grande rilievo perchè tende a marcare in modo evidente la differenza con il vecchio Statuto Albertino il quale, nel prevedere che “la religione cattolica, apostolica, romana è la sola religione di Stato”, finiva per disegnare il profilo di uno Stato confessionale nel quale le altre confessioni religiose erano semplicemente “tollerate”. Pertanto, non ha senso seguitare a sostenere che lo Stato italiano sia uno Stato laico (che, va rammentato, presuppone l'assoluta parità di tutte le confessioni) perchè, curiosamente, chi continua a sostenerlo evita di imbattersi sull'unico terreno sul quale questa disputa antica potrebbe ricomporsi: quello della riforma costituzionale. In realtà, come tutti sappiamo, non è mai esistito nel paese lo straccio di un partito o di un movimento disposto a sollevare temerariamente la questione. Le ragioni sono molteplici e sarebbe riduttivo credere che siano di carattere esclusivamente elettoralistico. C'è altro. Malgrado i numerosi momenti di tensione con il mondo laico, la presenza del Vaticano sul suolo italiano non ha impedito, infatti, la nascita di quella che il sociologo Luhmann ha definito “religione civile”, cioè quella preziosa sedimentazione, sul piano dell'identità collettiva, dei valori fondamentali di cui sono depositarie “tutte” le confessioni religiose presenti nel paese. La democrazia, pertanto, non ha alcun motivo per temere la sfida delle religioni, di qualunque religione, perchè, come diceva Pietro Scoppola, anche la versione più avanzata di Stato laico non potrà mai fare a meno del lievito morale delle religioni. Questo monito deve valere sia per chi incoraggia l'islamofobia montante nel paese, che per quel dirigente scolastico di Palermo a cui i genitori dei bambini farebbero bene a regalare, come strenna natalizia, una copia della nostra Costituzione.