Siamo davanti ad una politica dell'accoglienza alquanto singolare: ci fanno paura le orde di poveri che approdano sulle nostre coste ma, di contro, siamo soliti accogliere con tripudio l'arrivo di sceicchi e di nababbi che giungono in Europa per comprare armi, immobili, marchi, griffes e società di calcio. Risulta, quindi, troppo semplicistico e riduttivo rappresentare gli immigrati come l'unico, vero pericolo per l'Europa. La nostra meschinità è proprio questa: considerare un pericolo lo straniero povero e una risorsa lo straniero ricco. E' tutto qui il declino dell'Occidente che ha per oggetto la sua anima, oltre che la sua economia.
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Il fenomeno degli sbarchi (20.000 persone in soli tre giorni) ha dimostrato in modo inequivocabile l'incapacità dell'Europa a gestire un'emergenza umanitaria che rischia di mettere in ginocchio il nostro paese. Le classi dirigenti europee stanno rivelando la propria desolante inadeguatezza a governare uno dei passaggi storici più delicati nella storia dell'Occidente che mette a repentaglio non solo la sopravvivenza della istituzioni europee ma, soprattutto, quel po' di coesione sociale che è rimasta dopo quest'ultimo decennio di profonda crisi. A differenza dei propri governanti, il cittadino europeo avverte la chiara percezione che sia in corso una vera e propria invasione continentale che, in modo paradossale, l'Europa favorisce in nome della “libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali”, come recitano i suoi statuti. Nessuno avrebbe immaginato che la democrazia avrebbe ridotto gli Stati all'impotenza davanti a processi storici, del tutto imprevedibili, che avrebbero imposto la necessità di un ripensamento dei suoi principi fondativi. Poichè potrebbe apparire esagerato parlare di invasione, risulta opportuno fornire qualche dato al fine di dimostrare che la permeabilità delle società aperte può costituire, in alcuni frangenti della storia, un grave limite di cui è necessario avere piena contezza. Pochi sanno, ad esempio, che nel 2016 la Cina ha investito in Ungheria 2 miliardi di euro prevalentemente nella costruzione di strade e ferrovie, in particolare nella linea ferroviaria Belgrado-Budapest. Questo corridoio via-terra consentirà ai prodotti cinesi di penetrare più velocemente il mercato europeo. Sempre nel 2016, una grande compagnia cinese ha acquistato il porto greco di Pireo, ormai diventato l'avamposto cinese sul Mediterraneo così come il porto di Salonicco e il porto di Trieste che il governo di Pechino ritiene strategici per il trasporto marittimo (fonte: Truenumbers.it). Come si vede, i fattori da cui trae origine la fragilità dell'Europa sono molteplici e di varia natura. Perchè, quindi, allarmarsi davanti all'ingresso di masse imponenti di disperati e poi restare indifferenti davanti all'ingresso, altrettanto portentoso, di merci e di capitali che finiranno, parimenti, per minare la coesione e la stabilità delle nostre società? Come si vede, siamo davanti ad una politica dell'accoglienza alquanto singolare: ci fanno paura le orde di poveri che approdano sulle nostre coste ma, di contro, siamo soliti accogliere con tripudio l'arrivo di sceicchi e di nababbi che giungono in Europa per comprare armi, immobili, marchi, griffes e società di calcio. Risulta, quindi, troppo semplicistico e riduttivo rappresentare gli immigrati come l'unico, vero pericolo per l'Europa. In proposito, sarebbe utile rammentare il monito di Marshall: “Se un ricco signore illumina la propria via, lasciando al buio tutte le altre, tutti gli abitanti si recheranno a curiosare”. Con un minimo di onestà intellettuale dovremmo, pertanto, ammettere che stiamo pagando l'errore di avere illuminato solo le nostre vie condannandoci, in questo modo, all’ansia di vedere i poveri bussare alle nostre porte. La nostra meschinità è proprio questa: considerare un pericolo lo straniero povero e una risorsa lo straniero ricco. E' tutto qui il declino dell'Occidente che ha per oggetto la sua anima, oltre che la sua economia.