Le immagini di violenza sanguinaria dovute agli attentati, accompagnate dalle immagini dei continui sbarchi di immigrati sulle coste italiane, stanno producendo gradualmente nel nostro paese uno scenario del tutto inedito nei confronti dell'universo islamico. Per la prima volta, anche nelle componenti più progressiste della nostra società, si assiste ad un singolare ripiegamento che pone in discussione l'architrave culturale su cui è stato finora costruito il rapporto con gli immigrati.
---------------
Le immagini di violenza sanguinaria dovute agli attentati, accompagnate dalle immagini dei continui sbarchi di immigrati sulle coste italiane, stanno producendo gradualmente nel nostro paese uno scenario del tutto inedito nei confronti dell'universo islamico. Per la prima volta, anche nelle componenti più progressiste della nostra società, si assiste ad un singolare ripiegamento che pone in discussione l'architrave culturale su cui è stato finora costruito il rapporto con gli immigrati. In questo momento, parlare di integrazione o di multiculturalismo diventa perfino temerario, come dimostra l'aspro dibattito sullo “ius soli” che molti italiani tendono ad interpretare come una concessione del tutto incomprensibile. Da tempo la stampa di destra ha suggestivamente adottato uno slogan che inizia a fare capolino anche a sinistra: "Non tutti i musulmani sono terroristi ma tutti i terroristi sono musulmani". Si tratta di un orribile sofisma di Oriana Fallaci che serve solo a fomentare odio in un paese che sembra aver dimenticato di essere stato composto, fino a qualche anno fa, da milioni di emigranti disseminati in tutto il mondo. In proposito, basterebbe chiedersi come si sarebbe sentito un emigrante italiano, negli USA degli anni Trenta, se la stampa americana avesse teorizzato una simile aberrazione: "Non tutti gli italiani sono mafiosi ma tutti i mafiosi sono italiani". Abbiamo, pertanto, la netta sensazione di trovarci davanti ad un immane corto circuito della cultura occidentale che, proprio nell'epoca della globalizzazione, tende a dimenticare che non ha senso parlare di mercato globale senza la linfa vitale di comunità altrettanto globali. Tutto ciò non deve, tuttavia, esimerci dall'obbligo di prendere atto che, per la prima volta nella storia, è diventato concreto anche in Europa il rischio di vedere gli Stati mobilitarsi contro un nemico che impone di adottare approcci e strategie del tutto innovative, fondate più su una capillare attività di “intelligence” che su operazioni tradizionali di carattere militare. Eserciti e bombe, piú o meno intelligenti, sono finora servite solo ad alimentare l'odio verso l'Occidente, proprio come piace ai "signori della guerra" che sanno sapientemente tradurre in lauti profitti la paura crescente che ne consegue. In verità, il dibattito di questi mesi sul terrorismo islamico ha sempre eluso una domanda che sarebbe fondamentale per avere un quadro completo degli interessi in gioco: esistono o no, soggetti, gruppi o apparati che potrebbero trarre giovamento dal terrorismo? Non si può negare che, anche nel nostro paese, esistono storicamente due entità che hanno sempre esercitato una forte pressione sulle istituzioni e che hanno tutto l'interesse affichè il clima del paese sia sottoposto ad un crescente surriscaldamento. Ci riferiamo alla criminalità organizzata nonché a quelle frange che, spesso semplicisticamente, vengono ricomprese nella cosiddetta "destra eversiva", che continuano a vedere nella globalizzazione e nell'Europa la causa di questa “funesta” contaminatio tra popoli e culture. Le inchieste giudiziarie hanno dimostrato che esiste un interesse concreto della mafia ad essere presente nel grande business che gravita attorno all'accoglienza. Non solo. La mafia potrebbe avere individuato nel terrorismo il soggetto ideale su cui dirottare l'attenzione dello Stato. In questo modo, sulla criminalità organizzata si allenterebbe la pressione degli inquirenti e della stessa opinione pubblica perchè il rischio di attentati nel paese finirebbe per provocare un allarme sociale di gran lunga superiore al controllo territoriale delle mafie. Parimenti, la destra eversiva potrebbe trovare nel terrorismo il partner ideale per alimentare quel clima di paura e di incertezza che, sommato alla crisi economica, è in grado di persuadere il cittadino sulla utilità di una risposta autoritaria da parte dello Stato. Come si vede, se il mondo islamico non riuscirà a neutralizzare il germe del terrorismo, diventerà incerto anche il destino delle istituzioni democratiche. Per questo è arrivato il momento che tutti i musulmani moderati escano allo scoperto per dimostrare che esiste un Islam moderato che condanna il terrorismo (senza se e senza ma) e che è disposto ad accettare in toto il nostro sistema giuridico. In caso contrario, dalla crescente islamofobia che si sta diffondendo nel paese, anche la nostra fragile democrazia ne uscirà con le ossa rotte.