Siamo profondamente cambiati e, occorre ammetterlo, siamo cambiati in peggio a causa di una crisi che ha finito per acuire i nostri tratti distintivi più deteriori. Da questa rabbia, da questo stato d'animo, nasce l'ondata populista che rischia di fagocitare il paese di cui la politica continua pervicacemente ad ignorare i bisogni reali. Da questa incapacità della politica di dare risposte, nasce quella che si suole definire anti-politica, lievito vitale del populismo. Sarebbe giusto spiegare al cittadino le ragioni per cui siamo arrivati a tanto rinunciando, una volta per tutte, a trattarlo come uno stupido, come sta accadendo in questa inutile, ridicola campagna elettorale.
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Il recente “surriscaldamento” della campagna elettorale, verificatosi a seguito della vicenda di Macerata e dei mancati rimborsi di alcuni esponenti dei 5 Stelle, rende sempre più nitide le affinità che intercorrono tra il nostro paese e gli Stati Uniti. Nel sistema americano, strutturalmente bipolare, le forti similarità tra i due competitor impongono la necessità di una leadership autorevole e combattiva, incline ad una visione agonistica della politica tutta proiettata allo scontro e alla contrapposizione polemica, spesso virulenta. Se vogliamo, sono questi i tratti identitari dei sistemi populisti la cui prerogativa é porre l'elettore-spettatore davanti ad un acceso antagonismo che presuppone un forte grado di personalizzazione. Nel paradigma populista, infatti, il programma è quasi un inutile orpello in quanto deve limitarsi a recepire le pulsioni del “popolo” che ha sempre e comunque ragione. Per questi motivi, il partito è una macchina organizzativa che ha il compito di glorificare il leader: deve solo fare incetta di denari, nulla più. In quest'ottica, il partito deve essere innervato di soggetti operosi e obbedienti: veri e propri ciambellani alla corte del re. Siamo, di fatto, al declino del sistema dei partiti che, a sua volta, costituisce il segno inequivocabile del tramonto delle democrazie parlamentari di cui l'establishment ne ha colpevolmente sottovalutato gli effetti. Infatti, dalla crisi dei partiti non è sortito soltanto quell'accentramento dei poteri gradito alle oligarchie ma anche una lenta e graduale rivolta del corpo sociale contro le élite. Il populismo nasce esattamente da questo stato d'animo. In questo senso, si tratta di un fenomeno pre-politico che percorre le vene più profonde di una società attanagliata dal terrore di una povertà incombente. Come un fiume carsico, il populismo attraversa la società creando ogni volta rivoli nuovi ed incontrollabili che hanno come unico estuario il rifiuto della politica, accusata di essere al soldo dei “poteri forti”. Anche il populismo, tuttavia, ha bisogno di un valore e di una idea-forza per rinserrare le proprie fila. Se riflettiamo, nella storia tutti i movimenti populisti vi hanno fatto ricorso: la razza, il gruppo etnico, la religione, la classe sociale, rappresentano valori che, con varie forme, sono stati utilizzati per dare espressione alle ansie collettive di un popolo stremato da guerre, carestie, crisi economiche. Anche grazie all'insipienza dell'Europa, il populismo dei giorni nostri si è coagulato, invece, attorno al valore della “nazione” che occorre urgentemente preservare dall'immigrazione di massa e dalle insidie del mercato globale. Ricordiamoci lo slogan di Donald Trump nelle ultime elezioni presidenziali: “Make America Great Again”, far tornare grande l’America. Per realizzare l'obiettivo di rilanciare gli Usa, Trump non provò alcuna vergogna nel proclamare che “il problema più grande di questo paese resta l'essere politicamente corretti”. Si tratta di una frase sconcertante in grado di riassumere plasticamente la natura del populismo odierno. Tornando al nostro paese, la campagna elettorale in corso dimostra il pieno compimento del processo di omologazione del costume politico italiano agli stilemi d'oltreoceano. Lo dimostrano le simpatie che una parte significativa dell'elettorato italiano continua a nutrire nei confronti di un personaggio come Trump che, in altri tempi, avremmo ritenuto singolare se non addirittura rivoltante. Anche questo dettaglio dimostra le grandi modificazioni identitarie che ha vissuto il nostro paese. Siamo profondamente cambiati e, occorre ammetterlo, siamo cambiati in peggio a causa di una crisi che ha finito per acuire i nostri tratti distintivi più deteriori. Da questa rabbia, da questo stato d'animo, nasce l'ondata populista che rischia di fagocitare il paese di cui la politica continua pervicacemente ad ignorare i bisogni reali. Da questa incapacità della politica di dare risposte, nasce quella che si suole definire anti-politica, lievito vitale del populismo. Sarebbe giusto spiegare al cittadino le ragioni per cui siamo arrivati a tanto rinunciando, una volta per tutte, a trattarlo come uno stupido, come sta accadendo in questa inutile, ridicola campagna elettorale.