Settant’anni fa, in questi giorni d’aprile, si tennero in Italia le prime elezioni politiche dell’Italia repubblicana: schierati “l’un contro l’altro armati” la Democrazia Cristiana e il Fronte Popolare dei comunisti e dei socialisti . Vinse la Scudo Crociato che ebbe oltre il 48 per cento dei suffragi, mentre i rivali solo il 31. In molti “tirarono su il fiato”. Si stemperò infatti quel minacciante terrore di finire entro la cortina di ferro sotto le sgrinfie di Stalin. Ero un bambino di dieci anni e di quegli avvenimenti ho ancora in me ricordi, anche se vaghi, però con qualche emozione che mi porta a sorriderci su.
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Settant’anni fa, in questi giorni d’aprile, si tennero in Italia le prime elezioni politiche dell’Italia repubblicana: schierati “l’un contro l’altro armati” la Democrazia Cristiana e il Fronte Popolare dei comunisti e dei socialisti . Vinse la Scudo Crociato che ebbe oltre il 48 per cento dei suffragi, mentre i rivali solo il 31. In molti “tirarono su il fiato”. Si stemperò infatti quel minacciante terrore di finire entro la cortina di ferro sotto le sgrinfie di Stalin. Ero un bambino di dieci anni e di quegli avvenimenti ho ancora in me ricordi, anche se vaghi, però con qualche emozione che mi porta a sorriderci su.
Ovviamente non comprendevo niente di quell’atmosfera pesante, opprimente, carica di tensioni e di contrasti anche feroci di cui seppi, leggendo anni dopo, le cronache di quella campagna elettorale. Io c’ero, e i ricordi di quando si era bambini sono sempre belli, o perlomeno senza tristezze. A scuola non cogliemmo alcunché di quelle battaglie perché la maestra, mi ricordo, non ci disse mai nulla. Mi meravigliavano molto invece e mi piacevano tutte quelle automobili, in gran parte Topolino Fiat, che giravano per le strade tutte coperte di manifesti colorati con l’altoparlante che gracchiava slogan di cui non riuscivo a capire niente. In casa invece se ne parlava e molto. Il papà, loperaio tessile, che non aveva mi preso la tessera del fascismo, brancolava verso incerte simpatie socialiste. Figuriamoci la mamma. Mi ricordo la mamma che entrava a piè pari, alzando parecchio la voce, nei conversari messi in campo dal papà. Urlava, e come urlava la mamma, che i comunisti non avevano cuore. Il Grecia rapivano i bambini e le bambine e li portavano nei campi di concentramento per, dicevano loro, rieducarli lontani dalle loro famiglie. Insegnavano loro a essere comunisti e a non credere più in Dio. Lo aveva detto il parroco durante la predica della messa grande. Quando raccontava queste cose, strepitando e piangendo, la mamma mi stringeva a lei. Sicuramente anche il papà deve aver votato Dc.
Ripensando a quelle elezioni di 70 anni fa e agli argomenti così forti come quello del rapimento di migliaia di bambini, e alla probabilità di finire tutti noi italiani sotto i terribili baffoni di Stalin, viene da sorridere un po’nel fare confronti con le attuali battaglie politiche. Cosa avrebbe detto la mamma davanti alle varie performances degli attuali leader? Di sicuro se ne sarebbe fregata tranquillamente. Al massimo avrebbe dichiarato: «Scegliamo il meno peggio». «Impossibile, tutti peggio uguali», forse avrebbe risposto il papà.
La storia dei comunisti greci che rapivano i bambini (realtà accadute veramente e durate a lungo, come si è potuto ricostruire in seguito e come parla diffusamente la storia) mi rimase dentro, proprio come uno fantasma crudele, ancora per qualche anno. Ogni volta che vedevo una bandiera rossa con la falce e martello pensavo ai bambini e alle bambine elleniche sottratte alle loro famiglie e rinchiusi in orrendi collegi per diventare “uomini nuovi”, ubbidienti a Stalin, come leggemmo anni dopo nelle cronache di quei tempi.
Ho però ancora tanti altri ricordi di quel fatidico 1948, anno in cui per la prima volta vidi il mare: a Genova dove andai in treno con la mamma dai nostri parenti che possedeva una seconda casa vicino alla spiaggia, a Priaruggia. Dal treno vedevo le ciminiere con la faccia di Garibaldi. Chiesi il perché a una signore seduto vicino. Mi disse che Garibaldi era stato il simbolo dei Fronte Popolare durante la campagna elettorale che c'era stata qualche mese prima. Non capivo il perché di Garibaldi simbolo politico comunista quando la maestra ci aveva detto che era stato l'eroe che aveva fatto l'Italia. Non ottenni spiegazioni.
Il 14 luglio eravamo a Priaruggia e le autorità ci dissero che invece di andare in spiaggia dovevamo stare chiusi in casa perché avevano sparato a un grande personaggio politico. A Genova in centro c'era una sommossa con spari, morti e feriti. Ma me la svignai lo stesso e come altri giorni andai dal parrucchiere ad ascoltare la radio che trasmetteva il Tour de France. Ebbi quindi in diretta la vittoria di Gino Bartali. Il giorno dopo potemmo andare al mare, a Genova la sommossa popolare era finita.